Vigile urbano ucciso, condanne all’ergastolo in Cassazione

Ergastolo per il capo dei Casalesi Francesco Schiavone alias ‘Sandokan’ e Giovanni Diana per l’omicidio del vigile urbano Antonio Diana, ucciso nel 1989 a San Cipriano d’Aversa (Caserta).

Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha confermato il verdetto emesso nel 2019 dalla Corte di Appello di Napoli, mettendo la parola fine ad un procedimento in cui i protagonisti sono stati i collaboratori di giustizia, tra cui l’ex boss latitante Antonio Iovine, Carmine Schiavone, Giuseppe Quadrano, le cui dichiarazioni hanno permesso alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli di ricostruire dopo quasi 30 anni i ruoli dei vari esponenti del clan nella pianificazione e nell’esecuzione del delitto.

In totale sono stati nove gli imputati, ma in sette, tra cui lo stesso Iovine, hanno scelto la via del rito abbreviato (tutti già condannati) mentre Sandokan e Diana sono andati al dibattimento.

Dal processo è emerso che Francesco Schiavone è stato il mandante mentre Diana lo specchiettista che ha avuto il compito di localizzare la vittima e custodire anche le armi. Il vigile urbano Antonio Diana fu ucciso nell’ambito della faida che a fine anni ’80 contrappose i gruppi guidati da Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti a quello del fondatore del clan Antonio Bardellino. In particolare l’omicidio di Diana fu una risposta all’omicidio di Michele Russo, vicino a Sandokan e ucciso dai killer di Bardellino; Francesco Schiavone credeva che il vigile urbano avesse fatto da specchiettista durante il delitto di Russo, e così diede l’ordine di morte.

(ANSA)

Redazione

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