Napoli. Processo Eternit bis, condannato Schmidheiny

Derubricato in colposo il reato di Stephan Ernest Schmidheiny che era accusato di omicidio volontario per la morte di 8 vittime dell’amianto nel processo Eternit bis di Napoli. Per questo motivo è intervenuta la prescrizione per 6 delle vittime, mentre per la morte di Franco Evangelista,

Schmidheiny è stato assolto perché il fatto non sussiste, mentre è stato condannato a 3 anni e 6 mesi per il decesso solo di Antonio Balestrieri. Non ha retto l’impianto accusatorio dei pubblici ministeri Anna Frasca e Giuliana Giuliano che avevano chiesto per l’imputato una condanna a 23 anni e 11 mesi di reclusione.

È intervenuta la prescrizione per quanto attiene alle accuse relative alla morte di altre sei persone, mentre per il decesso di Franco Evangelista, Schmidheiny è stato assolto in quanto il fatto non sussiste. Non ha retto l’impianto accusatorio dei pubblici ministeri Anna Frasca e Giuliana Giuliano, che avevano chiesto per l’imputato una condanna a 23 anni e 11 mesi di reclusione.

La sentenza – ha commentato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amiantoci lascia delusi. Sembra che la giustizia italiana si sia adagiata alle tesi difensive dell’imputato. Naturalmente prendiamo atto delle diverse prescrizioni e della condanna a soli 3 anni e 6 mesi. Per questi motivi confidiamo nella giustizia divina presso la quale l’imputato dovrà rispondere anche dei reati prescritti che, comunque, sono rappresentazione dell’esistenza del reato anche se la giustizia non è stata tempestiva. Per un caso comunque c’è la condanna. Solleciteremo l’impugnazione del procuratore generale contro la derubricazione”.

Il processo ha evidenziato come l’uso dell’amianto fosse senza cautele, privo di confinamento e con le maestranze ignare e sprovviste di mezzi di protezione. Sia all’interno dello stabilimento che all’esterno c’era amianto in sacchi di juta privi di chiusura ermetica scaricati dalle navi senza che i lavoratori fossero a conoscenza del rischio. Si ammalavano di asbestosi, perché avevano i polmoni pieni di polvere, erano di cemento che alla fine si riempivano di liquido pleurico, quello del mesotelioma. E così, giorno dopo giorno, i necrologi all’ingresso dello stabilimento, e nelle zone circostanti del quartiere Bagnoli, a Pozzuoli e al Vomero. Così uno ad uno, gli operai sono tutti deceduti, e poi anche i loro familiari, perché lavavano le tute, o perché respiravano le polveri dai capelli e dalla pelle. La storia giudiziaria dell’imprenditore svizzero è piuttosto controversa, assolto in Cassazione per prescrizione del reato di disastro ambientale, il 13 febbraio 2012 viene condannato dal tribunale di Torino nel processo Eternit a 16 anni di reclusione per disastro ambientale doloso permanente e per omissione volontaria di cautele antinfortunistiche. I giudici avevano disposto il risarcimento per tremila parti civili. Il 3 giugno 2013 la pena viene “parzialmente riformata” in appello e aumentata a diciotto anni. La Corte dispose anche il risarcimento alla Regione Piemonte di 20 milioni di euro e di 30,9 milioni per il comune di Casale Monferrato. Il 19 novembre 2014 la Corte di Cassazione, però, dichiarò il reato di disastro ambientale prescritto e annullò le condanne e i risarcimenti in favore delle parti civili. In seguito fu incardinato il processo Eternit bis, diviso in 4 tronconi. A Napoli i pubblici ministeri lo accusano di omicidio volontario di 6 operai dello stabilimento di Bagnoli e di 2 loro familiari. Negli altri 3 tribunali l’accusa è, invece, di omicidio colposo.

Nelle varie udienze è emerso che alcuni lavoratori sarebbero stati addirittura costretti a coprirsi la bocca con i fazzoletti perché all’interno della fabbrica non venivano fornite regolarmente le mascherine. Durante la scorsa udienza gli avvocati della difesa, Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva, avevano discusso diverse ore per smontare la tesi accusatoria spiegando che non ci sarebbe stata nessuna volontà di veder morire i propri operai, che le conoscenze dell’epoca fossero diverse rispetto a quelle che ci sono oggi e che, per questo, Stephan Ernest Schmidheiny non poteva sapere con certezza che l’amianto fosse cancerogeno. Hanno anche messo in dubbio le diagnosi di vari mesoteliomi.

Redazione

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