(VIDEO) Noi di Centro, le truppe mastellate sognano il centro: Clemente fai il miracolo

Tornano a marciare verso il centro le truppe mastellate. “Da Trento alla Sicilia” vecchi e nuovi fedelissimi di Clemente Mastella rispondono alla chiamata alle armi. ‘Noi di Centro’, il partito lanciato dall’ex Guardasigilli a dicembre, si struttura e si presenta al pubblico con organigramma e responsabili territoriali. Sul palco del Palazzo Santa Chiara, a metà strada ta Camera e Senato, si susseguono uno dopo l’altro i nuovissimi segretari regionali.

Mastella li ascolta per tre ore, sorride, si gode le sviolinate: “Clemente ha consenso, realismo e concretezza”; “Gode di esperienza e autorevolezza”; “E’ un politico di caratura nazionale”; “Le sue presenze televisive sono sempre importanti e qualificate”. Una sfida all’iperbole, finché arriva Sandra Lonardo, la moglie senatrice, che supera tutti: “E’ un uomo veemente, forte, sempre pronto. L’ho visto anche debole, piangere in momenti che persone perbene come noi hanno sofferto e mai avrebbero pensato di vivere; ma l’amore, l’affetto, il radicamento sul territorio che ci ha fatto avere la gente con noi, non ci hanno fatto perdere la retta via”. Mastella, che del partito è segretario nazionale, parla di “nuovo inizio” e di “partecipazione biblica” alla vita politica. “Nessun torcicollo al passato”, il neonato partito vuole “essere la medicina territoriale della politica”. Il progetto di centro è “un invito a Renzi, a Forza Italia, a Toti”. Nessuno spazio per “populisti e qualunquisti”: né Salvini “con le sue magliette per Putin” né i Cinquestelle, “quasi estinti”. L’ex ministro della Giustizia chiede il ritorno dello “Stato nell’economia per bastare a noi stessi”. Autarchia suggerita dalla guerra in Ucraina: “Propongo un reddito minimo per i nostri contadini, altrimenti le terre non le lavora più nessuno. E’ necessario per il nostro pane quotidiano”.

Mastella torna spesso sul suo ruolo di sindaco di Benevento. Invita i parlamentari a riformare l’abuso d’ufficio per i primi cittadini. “Sapete perché non lo faranno mai? Perché i sindaci sono forti, sono talmente forti che i parlamentari per fotterli non vogliono che i sindaci possano essere loro concorrenti alle prossime elezioni politiche”. Il nuovo progetto, giura, non ha nulla a che fare con la nostalgia. Però ricorda con gusto quando, da ministro, andò a Varsavia a vedere la nazionale di calcio: “Mi ferma un giovane polacco per strada e mi chiede ‘lei è quello che vogliono far fuori, vero?’. Mi aveva riconosciuto: al tempo dell’arresto di mia moglie e delle dimissioni da ministro ero più popolare del papa”. Il tempo è passato: “Non guardiamo indietro, è ora di navigare. Qualche parlamentare vorrebbe già venire con noi ma ho detto di no, non ne abbiamo bisogno, poi candidarli o meno diventa un problema. E’ più importante il territorio, dove siamo già produttivi e capaci. Cito Arbore al contrario: più siamo e meglio stiamo. Faremo tesseramento, un congresso, una grande manifestazione a Napoli prima del 20 maggio”.

Dopo di lui si presentano i segretari regionali. Anselmo Torchia, responsabile in Calabria: “La mia famiglia ha una storia mastelliana, uno zio è stato eletto due volte grazie a lui, siamo una componente delle truppe mastellate. Clemente, vi assicuro, è un politico di qualità e caratura nazionale”. La platea applaude, non ha bisogno di essere rassicurata. “Sono un fedelissimo di Mastella”, aggiunge il veneto Fabio Bisinato. “Siamo tutti fedelissimi!”, gli grida di rimando una donna dalla platea. “Saremo un grande partito di centro, non piccolo”, prevede il segretario pugliese e vicesegretario nazionale Gianni Stea.

“Dobbiamo essere il collante per un’area di centro”, dice il toscano Andrea Rigoni. Giovanni Di Trapani racconta che in Sicilia “abbiamo già riunito 50 giovani e una trentina di ragazze per il movimento femminile”. Lucio Achille Gaspari, presidente del partito in Abruzzo, è il figlio dell’ex ministro democristiano Remo: “Gaspari è un cognome che tira a Pescara, come Totti a Roma”. Una militante campana racconta di come ha cullato il partito durante il covid: “Ci siamo assembrati in 500 dove ce ne potevano stare 300 al massimo. C’è grande voglia del popolo di aderire alle nostre iniziative e noi ci stiamo muovendo come una piovra benevola, abbracciando i nostri adepti”.

Il segretario regionale Luigi Bosco: “Sono un grande ammiratore di Clemente, lo seguo da 15 anni. Da consigliare civico deluchiano l’ho seguito due anni fa non appena ho saputo che si stava mettendo in moto”.

La dottoressa Franca Meloni, segretaria della Lombardia, pesca in sala operatoria per spiegare lo spazio di manovra del partito: “Attenti: se si toglie la milza si vive benissimo, ma quello spazio non resta vuoto: la parte sinistra del colon va su e occupa lo spazio”. Qualcuno in platea non coglie. Sussurri. “Oggi non vivo di nostalgia, ma di speranza. Dobbiamo contagiare quante più persone possibile nella positività di questo progetto”, dice Rosa Mastrosimone, segretaria della Basilicata. Saverio D’Amelio, ex senatore dell Dc, chiede la parola per raccontare, dirsi “confortato dal progetto, io che sono un nostalgico. Per anni, turandomi il naso, ho votato Forza Italia, ma il suo leader ha fallito. Non voglio infierire su un uomo morto. Sono certo che col suo consenso, realismo e concretezza Clemente riuscirà a fare il miracolo”. Lo vogliono trascendente, lo sognano divino. Lui, prima di salutare tutti, ricorda le lunghe battaglie degli ex alleati per il simbolo dello scudo crociato: “Ci siamo illusi che un simbolo potesse surrogare la politica, la leadership. Ne abbiamo fatto un feticcio, una reliquia. Ora basta. Guardiamo avanti. Fai quel che devi, avvenga quel che avvenga…”. Magari riesce pure il miracolo.

(Anb/ Dire)

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