‘Suino di razza casertana’, Associazione Allevatori lancia marchio di qualità
Non nero, non maialino, ma “suino di razza casertana”. Nasce il marchio di qualità da filiera controllata che mette fine a confusione e frodi, come ha esordito Davide Minicozzi, presidente dell’Associazione Allevatori Campania Molise, presentando ieri sera alla Fiera Agricola di Caserta il sigillo certificato dal DQA – Dipartimento Qualità Agroalimentare e tracciato nell’ambito del progetto Allevamento Custode.
Una novità assoluta, primo passo concreto per assicurare valore e redditività agli allevamenti della Campania che custodiscono razze autoctone, presidio ambientale, economico e sociale unico in Italia e nel mondo. Potranno fregiarsi di questo marchio solo i suini regolarmente iscritti al libro genealogico curato dall’Associazione Nazionale Allevatori Suini e dall’Associazione Allevatori Campania Molise.
La presentazione del marchio è avvenuta nell’ambito del convegno sui risultati del progetto Allevamento Custode ad un anno dall’avvio dei lavori, grazie ai tecnici dell’Associazione Allevatori Campania Molise e della Regione Campania. Sono intervenuti il direttore di AACM Augusto Calbi, il responsabile servizio veterinario della Regione Campania Gianni Ruggiero, il direttore DQA Michele Blasi, il direttore generale di AIA – Associazione Italiana Allevatori Mauro Donda, il professor Vincenzo Peretti e il direttore di Coldiretti Campania Salvatore Loffreda. Ha moderato i lavori il responsabile comunicazione di Coldiretti Campania Nicola De Ieso.
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Nei padiglioni di Fiera Agricola nell’area A1Expo di Caserta Sud, l’Associazione Allevatori ha allestito la fattoria della biodiversità, mettendo in mostra le razze pregiate dell’Allevamento Custode: il bovino Agerolese, i cavalli Napoletano, Persano e Salernitano, il suino Casertano, le pecore Laticauda, Bagnolese, Matesina e Turchessa, le capre Cilentana, Napoletana e Valfortorina.
Il progetto Allevamento Custode ha l’obiettivo di censire e valorizzare le razze e le popolazioni autoctone campane a rischio di estinzione, iscrivendole al repertorio genealogico. Possono essere iscritte solo le risorse genetiche animali autoctone o, se di origine esterna al territorio campano, introdotte da almeno 50 anni e integrate tradizionalmente nell’agricoltura e nell’allevamento regionale.