Ultimi 7 anni i più caldi di sempre, nuovo record per 4 indicatori del cambiamento climatico

Gli ultimi sette anni sono stati i sette anni più caldi mai registrati. Il 2021 è stato “solo” uno dei sette più caldi a causa di un evento La Niña all’inizio e alla fine dell’anno “che ha portato un effetto di raffreddamento temporaneo, ma non ha invertito la tendenza generale all’aumento delle temperature”.

La temperatura media globale nel 2021 era di circa 1,11 gradi (± 0,13) al di sopra dei livelli preindustriali 1850-1900. Questo l’allarme dell’Organizzazione meteorologica mondiale (World meteorological organization- WMO) delle Nazioni unite, nell’ultimo rapporto ‘The WMO State of the Global Climate in 2021’. 

I DATI DEL RAPPORTO

Quattro indicatori chiave del cambiamento climatico – le concentrazioni di gas serra, l’innalzamento del livello del mare, il calore degli oceani e l’acidificazione degli oceani – hanno stabilito nuovi record nel 2021. “Un altro chiaro segno che le attività umane stanno causando cambiamenti su scala planetaria sulla terra, negli oceani e nel atmosfera, con ramificazioni dannose e di lunga durata per lo sviluppo sostenibile e gli ecosistemi”, spiega l’Organizzazione meteorologica mondiale (World meteorological organization- WMO) delle Nazioni unite, nell’ultimo rapporto ‘The WMO State of the Global Climate in 2021’.

Ecco il dettaglio degli indicatori di rischio rilevate dal rapporto ‘The WMO State of the Global Climate in 2021’. Le concentrazioni di gas serra hanno raggiunto un nuovo massimo globale nel 2020, segnala il rapporto, quando la concentrazione di anidride carbonica (CO2) ha raggiunto 413,2 parti per milione (ppm) a livello globale, ovvero il 149% del livello preindustriale. I dati di località specifiche indicano che i livelli “continuano ad aumentare nel 2021 e all’inizio del 2022”, con una media mensile della CO2 a Mona Loa alle Hawaii che ha raggiunto 416,45 ppm nell’aprile 2020, 419,05 ppm nell’aprile 2021 e 420,23 ppm nell’aprile 2022.

La temperatura media annuale globale nel 2021 è stata di circa 1,11 gradi (± 0,13) sopra la media preindustriale del 1850-1900. E’ risultata meno calda di alcuni anni recenti a causa del raffreddamento portato dal fenomeno La Niña all’inizio e alla fine dell’anno. I sette anni più recenti, dal 2015 al 2021, però, sono i sette anni più caldi mai registrati. Anche la temperatura degli Oceani è risultata a livelli record. Le profondità oceaniche superiori a 2.000 metri “hanno continuato a riscaldarsi nel 2021 e si prevede che continueranno a riscaldarsi in futuro”, avverte il Wmo, segnalando “un cambiamento che sarà irreversibile su una scala temporale da centinaia a migliaia di anni”.

IL RISCALDAMENTO DEGLI OCEANI

Tutti i set di dati, inoltre, concordano sul fatto che i tassi di riscaldamento degli oceani mostrano un aumento particolarmente forte negli ultimi due decenni. Il calore intanto “sta penetrando a livelli sempre più profondi” e gran parte dell’oceano ha subito almeno un’ondata di caldo marino “forte” in un certo momento del 2021.

Sempre sul fronte degli Oceani, prosegue il rapporto Wmo elencando i record 2021 degli indicatirui della crisi climatica in atto, c’è il tema dell’acidificazione degli oceani. Gli Oceani infatti assorbono circa il 23% delle emissioni annuali di CO2 di origine antropica nell’atmosfera. L’anidride carbonica reagisce con l’acqua di mare e porta all’acidificazione degli Oceani, fenomeno che minaccia gli organismi e i servizi ecosistemici, e quindi la sicurezza alimentare, il turismo e la protezione delle coste. Inoltre, quando il pH dell’oceano diminuisce, diminuisce anche la sua capacità di assorbire CO2 dall’atmosfera. L’IPCC ha concluso che “c’è una certezza molto alta che il pH della superficie dell’oceano aperto sia attualmente il più basso da almeno 26.000 anni e gli attuali tassi di variazione del pH non hanno precedenti almeno da quel momento”.

E ancora, il livello medio globale del mare ha raggiunto un nuovo record nel 2021, dopo essere aumentato a una media di 4,5 mm all’anno nel periodo 2013-2021. Si tratta di un livello che “è più del doppio del tasso di aumento tra il 1993 e il 2002” ed è dovuto “principalmente alla perdita accelerata di massa di ghiaccio dalle calotte glaciali”. Un fenomeno che “ha importanti implicazioni per centinaia di milioni di abitanti delle coste e aumenta la vulnerabilità ai cicloni tropicali”. Il ghiaccio, quindi.

LO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCIAI

Per quel che riguarda la criosfera, “benché l’anno glaciologico 2020-2021 abbia visto uno scioglimento inferiore rispetto agli ultimi anni, c’è una chiara tendenza verso un’accelerazione della perdita di massa su scale temporali multidecennali”, segnala il Wmo. In media, i ghiacciai di riferimento del mondo si sono assottigliati di 33,5 metri (di ghiaccio equivalente) dal 1950, con il 76% dell’assottigliamento avvenuto a partire dal 1980. Il 2021 è stato un anno particolarmente negativo per i ghiacciai in Canada e nel nord-ovest degli Stati Uniti, con una perdita record di massa di ghiaccio verificatasi come risultato delle ondate di calore e degli incendi in giugno e luglio. La Groenlandia, poi, ha subito un eccezionale scioglimento a metà agosto con la prima pioggia che si sia mai registrata a Summit Station, il punto più alto della calotta glaciale a un’altitudine di 3.216 m. 

I RECORD DELLE TEMPERATURE

Eccezionali ondate di calore hanno polverizzato i precedenti record in tutto il Nord America occidentale e nel Mediterraneo. La Death Valley, in California, ha raggiunto i 54,4 gradi il 9 luglio, eguagliando un valore del 2020 vicino a quello più alto registrato al mondo almeno dagli anni 30. In Sicilia, invece, Siracusa ha raggiunto i 48,8 gradi. La provincia canadese della Columbia Britannica ha raggiunto i 49,6 gradi il 29 giugno e l’eccezionale calore, per una zona decisamente più fresca in passato, ha contribuito a più di 500 decessi legati al caldo e alimentato incendi devastanti che, a loro volta, hanno peggiorato l’impatto delle inondazioni di novembre.

LE INONDAZIONI

Per quel che riguarda le inondazioni, nella provincia cinese di Henan hanno causato perdite economiche per 17,7 miliardi di dollari, mentre l’Europa occidentale ha subito alcune delle inondazioni più gravi mai registrate a metà luglio, associate a perdite economiche in Germania superiori a 20 miliardi di dollari, con una pesante perdita di vite umane.

LA SICCITÀ

Mentre queste e altre aree finivano sott’acqua, la siccità ha colpito molte aree del mondo, tra cui il Corno d’Africa, il Canada, gli Stati Uniti occidentali, l’Iran, l’Afghanistan, il Pakistan e la Turchia. Nel Sud America subtropicale, la siccità ha causato pesanti perdite agricole e interrotto la produzione di energia e il trasporto fluviale. La siccità nel Corno d’Africa nel 2022 intanto si è intensificata. “L’Africa orientale si trova di fronte alla prospettiva molto realistica che le piogge possano mancare per la quarta stagione consecutiva- avverte il Wmo- esponendo Etiopia, Kenya e Somalia a una siccità di durata non sperimentata negli ultimi 40 anni”, con le agenzie umanitarie che lanciano l’allarme per “impatti devastanti sulle persone e sui mezzi di sussistenza nella regione”.

(Dire)

Redazione

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