Condannato il pirata della strada che ha travolto e ucciso Umberto Pariselli
Nessuna pena sarebbe mai stata adeguata per ripagare la loro perdita e il modo riprovevole in cui è avvenuta, ma i familiari di Umberto Pariselli hanno almeno ottenuto un po’ di giustizia.
All’esito dell’udienza preliminare tenutasi mercoledì 29 giugno 2022 in Tribunale a Cassino (Fr), e dopo essersi ritirata in camera di consiglio, il giudice dott.ssa Alessandra Cassinelli ha condannato a due anni, due mesi e venti giorni il pirata che ha investito l’incolpevole anziano mentre procedeva a bordo strada con la sua bicicletta, alla guida di un’auto risultata non assicurata, e che è pure fuggito abbandonando la vittima al suo destino: si tratta di Eugenio Del Primo, sessant’anni, di Rocca d’Evandro, nel Casertano.
Il Gip ha accolto quasi integralmente le richieste del Pubblico Ministero della Procura cassinate titolare del procedimento penale, la dott.ssa Marina Marra, che aveva chiesto tre anni; una pena che sarebbe potuta essere ancora più pesante se l’imputato non avesse beneficiato della riduzione di un terzo prevista in virtù della scelta del rito abbreviato, e che comunque, essendo superiore ai due anni, non potrà essere sospesa: Del Primo dovrà scontarla tutta, anche se con ogni probabilità attraverso il suo difensore chiederà l’affidamento ai servizi sociali. E non potrà guidare ancora una macchina tanto presto, gli è stata infatti inflitta anche la sanzione accessoria della revoca della patente e nei casi di fuga e omissione di soccorso la legge prevede che non la si possa ri-conseguire prima di 10-12 anni: “l’ergastolo della patente” com’è stata definita la norma.
L’ennesimo grave episodio di pirateria stradale è successo il 25 agosto 2020, poco prima delle 19, sulla Statale 430 “Valle del Liri”, nella frazione cassinate di San Cesareo.
Pariselli, 81 anni, di Cassino, stava rincasando sulla sua bici e procedeva su via valle del Garigliano (tratto della SS430) in direzione San Vittore-Rocca d’Evandro; com’è stato accertato, pedalava completamente a destra a cavallo della linea che delimita la carreggiata, più in là non si poteva andare: lungo quel tratto stradale da un lato c’è il fossato, dall’altro le recinzioni delle case.
Ma nonostante questa condotta irreprensibile, e nonostante fosse ancora chiaro, alle 7 di una serata d’estate, l’imputato, che viaggiava nella stessa direzione alla guida della sua Fiat Punto, all’altezza del civico 6 lo ha inopinatamente tamponato, caricandolo sul cofano e scaraventandolo sull’asfalto: la conducente e la passeggera di una vettura che sopraggiungeva (dopo) nello stesso senso di marcia hanno riferito di aver visto una sagoma “volare”.
Per il pensionato, che ha battuto violentemente il capo contro la vettura (ha sfondato il parabrezza) e poi al suolo, non c’è stato nulla da fare: al loro arrivo i sanitari del 118, dopo inutili tentativi di rianimazione, hanno dovuto costatarne il decesso.
L’investitore inizialmente si era fermato ed era sceso dalla macchina, ma vi è risalito dopo neanche 20 secondi, come emerge dai filmati di una telecamera privata di un civico vicino acquisite dagli inquirenti. E’ ripartito e si è dileguato. I carabinieri di Cassino, subito accorsi, e che i familiari di Pariselli, così come Studio3A che li assiste, ci tengono sempre a ringraziare per gli sforzi profusi, si sono messi immediatamente sulle tracce del pirata, agevolati anche dal fatto che, tra quanti, residenti e automobilisti di passaggio, si erano invece fermati a soccorrere la vittima allertando il 118, alcuni lo avevano visto e pure riconosciuto, abitando a soli tre chilometri di distanza. I militari a tempo di record l’hanno raggiunto a casa, trovando puntualmente la sua vettura pesantemente danneggiata, e che peraltro aveva nascosto e occultato nel retro dell’abitazione, coprendo la targa e il posteriore con una tapparella.
A quel punto Del Primo non ha potuto che ammettere le proprie colpe, sostenendo di non aver visto il ciclista e giustificando la sua grave condotta culminata con la fuga e l’omissione di soccorso per lo spavento provato “avendo visto del sangue e sentito delle urla” e poi, tesi sostenuta invano anche al processo, per il fatto che si erano fermate anche altre persone. Il “pirata”, nonostante il quadro probatorio schiacciante a suo carico, fatto che non ha mancato di destare ulteriore amarezza nei congiunti dell’anziano, attraverso il suo legale ha cercato in ogni modo di alleggerire la sua posizione, condizionando ad esempio la richiesta dell’abbreviato al conferimento di una perizia cinematica per ricostruire la dinamica del sinistro, ritenuta invece già più che chiara dal giudice, che ha rigettato questa come le altre sue istanze.
Non bastasse, i carabinieri hanno scoperto che la Punto era priva di copertura assicurativa e non per dimenticanza: Del Primo lo sapeva bene, ma, ha spiegato, “mi serviva per andare al lavoro”. Un’ulteriore violazione che ha complicato l’iter risarcitorio: i familiari di Pariselli, che sono stati risarciti, si sono affidati per la parte penale dall’avv. Vincenzo Cortellessa del foro di Santa Maria Capua Vetere e, attraverso il responsabile della sede di Roma, Angelo Novelli, a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che si è dovuto rapportare con il Fondo di Garanzia per le vittime della strada che risponde dei danni causati da veicoli non assicurati o non identificati ma le cui procedure sono notoriamente più lente e macchinose.
L’oggi sessantenne, in virtù dell’estrema gravità dei fatti commessi, inizialmente è stato anche tratto in arresto e sottoposto alla misura restrittiva dei domiciliari (poi tramutata nell’obbligo di firma) e, alla chiusura delle indagini preliminari, la dott.ssa Marra ne ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio per il reato di omicidio stradale aggravato dal fatto di non essersi fermato a prestare soccorso dandosi alla fuga. Si è così arrivati all’udienza di mercoledì e alla condanna che non è di poco conto per la “prassi” italiana e che dà in parte una risposta alla moglie e i figli del signor Umberto. I quali hanno sempre chiesto non vendetta, ma una pena congrua al terribile fatto commesso ai danni del loro congiunto, che ha avuto l’unico torto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, e che non meritava quel tragico destino e di essere abbandonato agonizzante sul ciglio di una strada dal suo investitore. Con l’auspico che la sentenza possa essere anche un monito per scongiurare il ripetersi di altri drammi del genere.