Morte piccola Elena, Cortese: “donne insicure, con tratti impulsivi di personalità”
“La morte violenta di un bambino genera sempre profondo sgomento nella collettività. Colpire un essere innocente e indifeso è di per sé inaccettabile per la nostra società, e ancor più turba quando la morte avviene in casa, luogo in cui il bambino si aspetta riparo, e per mano di chi è culturalmente e geneticamente programmato per proteggerlo e accudirlo. il pensiero va subito all’idea di una madre sicuramente “matta”. Ma ciò non sempre è vero, vi sono madri che uccidono avendo coscienza di ciò che fanno”. Così in una nota la Dott.ssa Antonella Cortese, Criminologa e Presidente Accademia Italiana delle Scienze Polizia investigativa e Scientifica.
Cosa spinge una madre a uccidere il proprio figlio? Madri omicide potremmo definirlo come “madri violente” nel senso di una consuetudine all’abuso fisico dei propri figli con atti sadici, maltrattamenti ripetuti, trascuratezza che ad un certo punto, anche per uno stimolo banale, ad es. il bambino che piange o che urla, possono essere preda di un impulso di violenza incontrollabile ed uccidere il proprio figlio percuotendolo con un oggetto contundente, accoltellandolo o gettandolo dalla finestra. Si tratta per lo più di giovani madri, di scarsa intelligenza che vivono in situazioni di precarietà sociale ed affettiva, a volte di vera e propria indigenza, presentano disturbi di personalità, aspetti depressivi, eccessiva impulsività e possono avere alle spalle una storia di abuso di sostanze o maltrattamenti e abusi subiti a loro volta nelle loro famiglie di origine”.
“Soggetti giovani che non sono in grado per ignoranza, incapacità, insicurezza di affrontare il loro ruolo materno e non riescono ad entrare in sintonia con i bisogni fondamentali e vitali del loro bambino, anzi spesso li vivono come qualcosa di estraneo e di minaccioso per la loro vita. In tal caso possono esprimere anche problematiche psicotiche con angoscia di fusione e di annientamento. È frequente nelle cronache leggere di queste madri che consumano nell’uccisione del figlio la loro vendetta nei confronti del partner che li ha rifiutati, utilizzando così il figlio come oggetto inanimato , come una vera e propria arma di vendetta. Spesso c’è un substrato di disturbo di personalità con comportamenti aggressivo-impulsivi e tendenza patologica ad instaurare relazioni ostili col partner. Si tratta di donne insicure, con tratti impulsivi di personalità e non di rado affette da vere e proprie malattie mentali come Depressione Maggiore o Schizofrenia Paranoidea; in tal caso il figlio viene percepito come una vera e propria minaccia, un persecutore. Il figlicidio rimane un delitto che suscita allarme sociale e mette in subbuglio la coscienza di ognuno di noi e che, malgrado gli sforzi delle scienze del comportamento umano, nasconde ancora tanti lati oscuri e misteriosi ma nonostante ciò non tutti gli omicidi delle mamme assassine sono ineluttabili, anzi molti di essi sarebbero evitabili se solo ci si ponesse con più attenzione e soprattutto con più amore nei confronti di chi manifesta difficoltà o disagi nelle famiglie cosiddette normali”.