Il divorzio in Italia: le differenze tra procedimenti congiunti e giudiziali
Se negli ultimi anni i matrimoni sono sempre più sporadici e meno duraturi di un tempo, non c’è dubbio che la pandemia da Covid-19 abbia provocato ulteriori sconvolgimenti nella società da questo punto di vista. Come segnalato dal report Istat “Matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi” relativo all’anno 2020, la pandemia ha avuto un impatto significativo sull’instabilità coniugale, probabilmente dovuto alle restrizioni alla mobilità.
Questo si è tradotto in un aumento di separazioni e divorzi, e in generale sembrerebbe che il concetto stesso di famiglia sia mutato nell’immaginario collettivo a seguito della pandemia.
Nel 2021, ad esempio, per la prima volta il numero delle famiglie formate da una sola persona ha superato quello delle coppie con figli. Alla luce di tutto questo, rispetto a una volta le procedure di divorzio risultano decisamente semplificate, il sistema giuridico italiano ha dovuto necessariamente adeguarsi a questo nuovo scenario e snellire i tempi e le modalità delle pratiche relative allo scioglimento del vincolo matrimoniale. In questo articolo ci occupiamo delle principali differenze tra divorzio congiunto e divorzio giudiziale.
Il divorzio congiunto
Il presupposto imprescindibile sia del divorzio congiunto che di quello giudiziale è la separazione, in Italia non è infatti possibile divorziare direttamente senza passare per la separazione. Nel caso del divorzio congiunto conseguente a una separazione consensuale, bisogna attendere un tempo minimo di sei mesi dalla separazione prima di procedere alla richiesta di divorzio. Esistono diversi tipi di divorzio congiunto, che andiamo a presentare di seguito.
Ricorso in tribunale
Il divorzio congiunto tramite ricorso in tribunale si ottiene mediante la presentazione di una domanda presso il Tribunale del Comune di residenza di almeno uno dei due coniugi. Il documento deve contenere le condizioni stabilite dai due coniugi relativamente alla gestione dei loro rapporti economici e al mantenimento di eventuali figli. Nel procedimento bisogna allegare documenti quali dichiarazioni dei redditi dei due coniugi, certificati di residenza, stato di famiglia, atto integrale di matrimonio rilasciato dal Comune. A questo punto, è sufficiente una sola udienza fissata dal Giudice in cui i coniugi sono chiamati a un tentativo di riconciliazione. Se questo non va a buon fine, il Giudice si occupa di verificare che le condizioni siano favorevoli all’interesse dei figli e procede alla pronuncia della sentenza di divorzio; questa viene trasmessa all’Ufficiale di Stato Civile perché sia trascritta nel Registro dello Stato Civile del Comune dove il matrimonio è stato registrato.
Negoziazione assistita
La negoziazione assistita è un procedimento volto allo scioglimento del vincolo matrimoniale che può essere effettuato esclusivamente da un avvocato chiamato a trasmettere al P.M. del Tribunale del Comune di residenza l’accordo scritto. Solitamente il divorzio viene autorizzato in breve tempo dal P.M., che si occupa per lo più di verificare che l’accordo non contenga condizioni contrarie all’interesse dei figli minori. Può essere una soluzione ottimale in quanto rende possibile risolvere una controversia senza rivolgersi a un tribunale. In ogni caso, l’avvocato divorzista si impegna a certificare l’autenticità dell’accordo che comunque non può riguardare i diritti indisponibili né il diritto del lavoro.
Dichiarazione in comune davanti al sindaco
Se non si vuole richiedere l’assistenza di un avvocato, si può ottenere il divorzio anche attraverso la dichiarazione in comune davanti al sindaco. Tuttavia, è una modalità che rispetto alle altre è soggetta ad alcune restrizioni, non può infatti essere scelta se:
- vi sono figli minori;
- vi sono figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave;
- si desidera regolamentare questioni relative ai trasferimenti patrimoniali come ad esempio la divisione dei beni immobili, fa eccezione l’assegno di mantenimento che può invece spettare al coniuge con il reddito inferiore.
Il divorzio giudiziale
Il divorzio giudiziale è una procedura molto più impegnativa, sia a livello di energie ma anche per quanto riguarda il lato meramente economico. Con la Legge n. 55/2015, si può procedere alla richiesta di divorzio se sono trascorsi almeno dodici mesi dalla separazione giudiziale (mentre in caso di separazione consensuale, come già ricordato, il tempo minimo è di sei mesi, tuttavia è raro che da una separazione consensuale si passi a un divorzio giudiziale).
Il divorzio giudiziale si rende necessario nel momento in cui le due parti non riescono a trovare un punto d’incontro sulle condizioni del divorzio, che possono riguardare l’assegno divorzile di mantenimento al coniuge con il reddito più basso, la divisione dei beni, la gestione dei figli e così via. In tal caso, è uno dei due coniugi a presentare la propria richiesta al giudice del Tribunale con il sostegno di un avvocato, citando il coniuge opponente. Nella domanda sarà necessario allegare una serie di documenti, come l’atto di matrimonio, il certificato di residenza, lo stato di famiglia, le ultime dichiarazioni dei redditi, la sentenza di separazione. Al termine di un processo che di solito si protrae per tempi molto lunghi (anche più di due anni), il Tribunale emetterà la sentenza di divorzio.