Giochi, suonerie: servizi non richiesti anche su sim utilizzate per ascensori o caldaie

All’esito di indagini non solo tecnologicamente sofisticate ma anche complesse, specialmente per il numero di schermi societari impiegati nell’occultamento dei profitti, oltre alla difficoltà di ricostruire compiutamente il volume di attivazioni indebite di servizi premium cd. VAS (Value Added Service), è in corso di notifica l’avviso di conclusione delle indagini nei confronti di 33 indagati per i reati di cui agli artt. 640ter comma 1 e 3 c.p. (frode informatica con furto e conseguente indebito utilizzo dell’identità digitale) in relazione ad un sistema, in essere dal 2017 e fino al giugno 2020, in danno di ignari consumatori che si vedevano addebitare i relativi costi pari a 5 euro/settimana.

L’indagine – inizialmente condotta dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni (COMPARTIMENTO DELLA LOMBARDIA) e, successivamente, attesa la preminente natura economico-finanziaria del fenomeno, dalla Guardia di Finanza (NUCLEO SPECIALE TUTELA PRIVACY E FRODI TELEMATICHE E NUCLEO DI POLIZIA ECONOMICO FINANZIARIA DI MILANO) – trae origine da una dettagliata denuncia querela, e successive integrazioni, di una società attiva nel mercato di tali servizi: venivano così portate all’attenzione della Procura di Milano condotte che, innestandosi sui rapporti contrattuali intercorrenti tra la società querelante, un operatore di telefonia e il suo HUB tecnologico, assumevano rilevanza penale.

Il tutto all’interno di una serie di pressioni nei confronti della società querelante, volte ad ottenere che la stessa utilizzasse – per la pubblicizzazione dei propri servizi – solo determinate agenzie che potessero portare maggiori guadagni anche per l’operatore telefonico: per tale motivo a 7 indagati viene altresì contestata l’ipotesi di cui agli art. 56, 629 c.p. (tentata estorsione contrattuale).

Le società CSP (Content service provider, fornitrici di contenuti VAS) riconducibili agli indagati sono 26 e, grazie anche agli esiti degli accertamenti tecnici svolti del consulente del Pubblico Ministero d’intesa con la SQUADRA REATI INFORMATICI DELLA PROCURA DI MILANO, ad esse sono contestate tra il 62% ed il 69% (a seconda dei due differenti HUB tecnologici) delle complessive attivazioni di servizi a valore aggiunto del periodo temporale di riferimento, molte delle quali relative anche ad utenze SIM cd. M2M (machine to machine) utilizzate dai consumatori, ad esempio, per la gestione di ascensori o caldaie.

Del resto l’ipotesi investigativa che l’intero mercato VAS di riferimento fosse quasi del tutto alimentato da attivazioni non compliant trovava già conferma nella dichiarazione testimoniale, raccolta all’interno dello stesso operatore telefonico, secondo la quale – da una media di 30/40 mila attivazioni al giorno del mese di aprile 2020 – le stesse si erano azzerate al luglio dello stesso anno, dopo che la notizia della indagine della Procura di Milano era stata resa pubblica.

E’ stato anche accertato come alcuni CPS operassero in palese violazione della normativa AGCOM, dal momento che erano, di fatto, riferibili a società già facenti parte della “filiera” del mercato VAS sotto altre qualifiche formali (HUB editoriali).

Gli atti di indagine più significativi sono stati trasmessi ad AGCOM, che è intervenuta con la delibera 10/21/CONS del 14 gennaio 2021 sul mercato dei servizi VAS, regolandolo in modo efficace: il fenomeno accertato dall’indagine è attualınente del tutto scomparso.

Il profitto illecito per i soli CSP, complessivamente contestato nell’avviso 415bis c.p.p., è pari ad una somma non inferiore 99 milioni di euro, dei quali quasi 19 milioni sono stati sottoposti a sequestro preventivo (anche su conti esteri) nel corso dell’indagine. Contestualmente, un ulteriore provvedimento di sequestro preventivo ha avuto ad oggetto la somma pari ad oltre 21 milioni di euro, quale parte dei “ricavi tossici” di cui l’operatore telefonico ha beneficiato (trattenendo il 50% delle somme indebitamente sottratte agli utenti).

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Redazione

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