Tv, leggi e mezzi tecnici ci sono: “regionalizzare la Rai si può”

“La regionalizzazione dei servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi è possibile: esistono non solo le basi giuridiche, come abbiamo visto nell’analisi approfondita del professor Jacopo Bercelli dell’Università di Verona, ma ci sono i presupposti tecnici e tecnologici”. A conclusione della presentazione del report promosso dal Corecom del Veneto e realizzato dal professor Bercelli dell’Università di Verona sulla regionalizzazione dei servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi a palazzo Franchetti Venezia, Stefano Cuppi, presidente del Corecom dell’Emilia, non ha avuto dubbi: “Basta volerlo: la regionalizzazione del servizio pubblico si può fare.

Tocca alla politica prendere una decisione”. Il convegno ospitato a palazzo Franchetti a Venezia è stato introdotto dal presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti: “La regionalizzazione del servizio pubblico radiotelevisivo è stata un obiettivo perseguito sin dalla metà degli anni ’70 e ha rappresentato, fino ad oggi, una occasione culturale, innanzitutto, mancata. Essa è stata attuata parzialmente solo nelle provincie autonome di Trento e Bolzano, e nelle regioni a statuto speciale, ma esiste un patrimonio anche di professionalità oltre alle tecnologie avanzate per cui diciamo che è possibile immaginare un sistema radiotelevisivo e multimediale pubblico gestito su base regionale sostenuto, ad esempio, con parte della quota del gettito del canone televisivo pagato dai cittadini veneti”.

A Ciambetti risulta che in alcuni Consigli regionali, la Lombardia ad esempio, “si sta già elaborando una legge specifica e credo che il Veneto, a maggior ragione dopo il convegno odierno, possa affrontare un analogo percorso perché una occasione mancata può ancora trasformarsi in servizio reale offerto al cittadino e a tutto il Paese”.

Secondo Marianna Sala, presidente del Corecom Lombardia e coordinatrice nazionale dei presidenti Corecom, l’occasione per avviare una svolta decisiva è data dal “prossimo contratto di servizio Rai 2023-2028, la cui firma è prevista per la fine dell’estate. I Corecom hanno già richiamato la necessità di garantire spazi adeguati all’informazione, all’approfondimento e alla programmazione culturale regionale nel prossimo contratto Rai, sia sulla terza rete televisiva che sulla piattaforma Rai Play. “Del resto, i programmi regionali riscuotono un grande successo, con indici di ascolto molto alti- ha aggiunto- dai dati si evince uno share molto alto sia per Buongiorno Regione, sia per i Tgr: l’informazione locale piace; in un mondo sempre più globalizzato, che viaggia velocissimo su internet, la cittadinanza avverte l’esigenza dell’informazione di prossimità e quindi una valorizzazione dei programmi regionali Rai risponde sicuramente a un bisogno avvertito dalla collettività, bisogno che il contratto di servizio deve soddisfare”.

Igor De Biasio, del cda Rai, ha confermato il suo impegno personale per un forte coinvolgimento delle Regioni nel prossimo contratto di servizio: “I dati di ascolto lo dimostrano: esiste una forta domanda, c’è un forte interesse tra i cittadini, per cui credo che le Regioni debbano essere sempre più coinvolte”. La discussione di oggi deriva dall’avvio della collaborazione con l’Università scaligera per approfondire le basi giuridiche della regionalizzazione di un servizio pubblico attraverso la Rai. Lo scopo dello studio di Bercelli, dunque indaga, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, i margini di intervento affidati alle Regioni per “giungere a un’effettiva e sostanziale regionalizzazione del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale”. E, a parer suo, il tempo per farlo è ‘maturo’ “Sappiamo che la Rai è un ente pubblico, per quanto organizzato come una Società per azioni. In secondo luogo la telecomunicazione assolve a un servizio pubblico. Da ultimo, le Regioni possono attivare stante la normativa vigente contratti di servizio con la Rai. Nella storia, dal 1975 ad oggi- ha detto Bercelli- la regionalizzazione del sistema radiotelevisivo è stata una costante che ha affiancato il processo devolutivo e l’applicazione della sussidiarietà, sebbene non abbia trovato applicazione concreta eccezion fatta per le Regioni e provincie a statuto speciale. I presupposti giuridici, comunque, ci sono e ciò che serve è la volontà di affrontare, anche attraverso la stesura di leggi regionali ad hoc, l’argomento”.

Giovanni De Luca, direttore della sede Rai del Veneto, ha insistito molto sull’aspetto industriale e tecnologico di ogni processo nel campo delle telecomunicazioni “campo in cui la Rai è un leader a livello internazionale ed è l’unico soggetto che a livello nazionale è in grado di produrre e distribuire un prodotto all’avanguardia. Non dimentichiamo che attraverso l’esternalizzazione delle produzioni la Rai è il centro di attrazione, e punto di riferimento, di una intera filiera produttiva di qualità che oggi, grazie alle tecnologie e con il passaggio al nuovo modello digitale può veramente dar vita a una rete multimediale complessa capace non solo di rispondere alle esigenze dell’audience nazionale ma anche di rivolgersi ai mercati esteri con ricadute importantissime per la nostra economia. Certo, questo passaggio deve fare i conti con i costi, ma la spesa oggi è abbordabile e più contenuta rispetto al passato grazie alle moderne tecnologie”.

(Mac/ Dire)

Redazione

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