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Il TG Dire Scientificamente a cura della redazione giornalistica Agenzia Dire.

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L’attesa è finalmente conclusa. Domani il James Webb Telescope, il più potente telescopio mai inviato in orbita, mostrerà le prime immagini dell’Universo con una definizione senza precedenti. Ci sono voluti quasi otto mesi fra viaggio, messa a punto, test e calibrazione; tutte operazioni necessarie per assicurarsi che il telescopio potesse essere operativo. Il James Webb Telescope è un telescopio a raggi infrarossi lanciato il 25 dicembre del 2021 dallo spazioporto di Arianespace a Kourou, nella Guiana Francese, e trasportato in orbita solare dal razzo Ariane 5.

Il progetto è frutto di una collaborazione fra la Nasa, l’Agenzia spaziale statunitense, l’Esa, l’Agenzia spaziale europea, e la Csa, l’Agenzia spaziale canadese. Il telescopio è composto da tre elementi: la strumentazione scientifica integrata, il telescopio ottico, Ote, che comprende gli specchi e la montatura di supporto e il sistema navicella che comprende la navicella e lo schermo solare che separa la parte del telescopio direttamente colpita dalla luce solare dai componenti elettronici che devono operare a basse temperature.

Il telescopio ottico è l’occhio dell’osservatorio e raccoglie la luce proveniente dallo spazio per inviarla agli strumenti scientifici situati nel modulo dove si trova la strumentazione scientifica integrata. Strumentazione che è collegata e nel contempo distanziata dal sistema ottico da un braccio telescopico realizzato in un materiale composito grafite-epossidico che garantisce stabilità a dispetto delle notevoli escursioni termiche. Tale torretta, oltre a proteggere l’ottica dalle vibrazioni e dal calore dissipato dal blocco degli strumenti ha lo scopo di consentire ai vari componenti di muoversi automaticamente senza entrare in contatto.

Dopo il lancio il team di ricercatori ha iniziato un lungo processo di spostamento del telescopio nella sua posizione orbitale finale, poi hanno proceduto all’apertura dello specchio per poi passare alla calibrazione delle telecamere, degli strumenti e dei sensori a bordo del Webb telescope.

A partire dal 15 giugno 2022, tutti gli strumenti del Webb sono finalmente accesi e hanno scattato le loro prime immagini. I primi strumenti a essere testati sono stati lo spettrografo nel vicino infrarosso, Nirspec, e lo spettrografo senza fessura, Niriss. Nirspec è stato progettato per misurare la forza di diverse lunghezze d’onda della luce proveniente da un determinato bersaglio, queste informazioni sono utili per rivelare la composizione e la temperatura di stelle e galassie lontane. Il Nirspec ha più fessure che gli consentono di osservare contemporaneamente circa 100 oggetti diversi. Niriss invece è uno spettrografo senza aperture in grado di scomporre la luce nelle sue diverse lunghezze d’onda.

Ha diverse modalità, comprese due progettate specificamente per lo studio di esopianeti particolarmente vicini alle loro stelle madri. Finora, i controlli e le calibrazioni dello strumento hanno proceduto senza intoppi. La fotocamera Miri consentirà invece agli astronomi di poter penetrare le nubi di polvere e osservare gli oggetti al loro interno con una nitidezza incredibile, oltre a scattare foto di piccoli oggetti deboli come gli asteroidi, di galassie lontane o di nuova formazione. Grazie al James Webb Telescope infatti si potranno scoprire non solo i dettagli principali degli esopianeti, mai esaminati da così vicino, ma anche di scrutare indietro nel tempo fino a 13,8 miliardi di anni fa, in pratica al periodo immediatamente precedente al Big Bang.

Questo ci permetterà di ottenere elementi utili per rispondere alle domande sui primi momenti dell’universo. Le immagini del telescopio ci permetteranno di conoscere meglio la nostra Galassia e la sua porzione più centrale ancora avvolta nel mistero.

Ma quali immagini ci aspettiamo di vedere domani? Il capo della Nasa, Bill Nelson, ha promesso “l’immagine più profonda del nostro Universo che sia mai stata scattata”. Tra l’altro sembrerebbe che il James Webb potrà lavorare per una durata maggiore dei 10 anni inizialmente previsti, visto che il team si è resto conto che il carburante a bordo del telescopio era più di quanto avessero prospettato. L’appuntamento è per domani ore 16.30 in diretta streaming sui canali dell’Agenzia spaziale europea.

Redazione

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