Carenza di personale e aggressioni: la difficile estate dei medici
“Quest’estate è accaduto quello che avevamo previsto, ovvero grandi carenze di organico. Se i Pronto Soccorso sono andati in una situazione di difficoltà è proprio per la carenza di personale, anche a causa di numerose situazione di sovraffollamento legate a particolari momenti che si sono verificati durante il periodo estivo, con poi anche episodi di violenza contro gli operatori sanitari“. E’ il bilancio, parlando con l’agenzia Dire, del presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Roma, Antonio Magi.
LA CRITICA A CALABRIA E PUGLIA
“Ci sono poi state alcune regioni- aggiunge- che, in maniera significativa, hanno coperto i propri errori di programmazione, a volte davvero gravi, andando addirittura a cercare personale all’estero. Mi riferisco alla Calabria, che ha cercato medici cubani, e alla Puglia, che ha richiesto medici albanesi. In questo modo, però, gli organici degli ospedali non vengono incrementati in maniera regolare, sia per ciò che riguarda gli specialisti sul territorio, sia per quanto riguarda i medici di medicina generale“.
“Piuttosto- riprende quindi Magi– si preferisce stipulare contratti con associazioni, quindi una sorta di ‘caporalato sanitario’ che non ha nulla di regolare, anche formale, per quanto riguarda l’attività lavorativa. In questo modo si creano danni non soltanto di natura organizzativa all’interno dell’attività di tutti i giorni, ma non si tutela nemmeno in pieno la salute dei cittadini, i quali non sanno chi si trovano di fronte”. “Tra l’altro- incalza Magi– si tratta di soggetti che non sono abilitati all’esercizio della professione medica in Italia, e le Regioni fanno riferimento alla Legge sull’emergenza. Emergenza che, però, che non è più quella del 2020… Come Ordine ci siamo già confrontati su questa situazione, che sicuramente non agevoleremo qualora le cose non dovessero essere fatte in maniera regolare”.
INCENTIVARE I GIOVANI A RIMANERE IN ITALIA CON CONTRATTI A TEMPO INDETERMINATO
Secondo Magi non bisognava arrivare a una situazione simile. “Oggi- afferma- bisogna prendere atto di quanto sta accadendo, e cercare di evitare piuttosto che i giovani specialisti lascino l’Italia per andare all’estero. Per farlo, però, bisogna offrire loro contratti a tempo indeterminato, che costano molto meno di quelle convenzioni fatte proprio da Calabria e Puglia. Bisogna, quindi, garantire ai giovani medici di lavorare in Italia con stipendi adeguati e legati ai parametri europei“.
IL PRESENTE E IL FUTURO
“Nell’immediato- afferma poi Magi– si può utilizzare gran parte del personale, anche non specialistico, e magari indirizzarlo all’interno degli ospedali con attività di supporto dell’attività specialistica che si svolge nell’arco dell’attività quotidiana. Bisogna poi considerare le attività da organizzare anche in prospettiva, sia per quanto riguarda la formazione, sia di quella dei medici in genere, soprattutto le attività future delle borse specialistiche, garantendo anche le attività per l’emergenza-urgenza, che è andata in sofferenza prima di tutte“.
NO IN PRONTO SOCCORSO PER FUTILI MOTIVI
Secondo Magi è fondamentale che le persone non si rechino in Pronto Soccorso per futili motivi. “Per questo- informa- basterebbe portare a 38 ore tutti gli specialisti ambulatoriali che in in questo momento in Italia hanno una media oraria di 21 ore settimanali. Così facendo, si andrebbe a potenziare le strutture territoriali specialistiche. Non solo. All’interno delle Asl, i cittadini potrebbero trovare quell’offerta specialistica che eviterebbe loro di andare al Pronto Soccorso e fare i conti con infinite liste d’attesa. Il risultato sarebbe un dimezzamento delle liste d’attesa stesse e una eliminazione di afflusso improprio negli ospedali”.
ANDARE IN PENSIONE A 73 ANNI
Magi si sofferma, infine, su una cosa che potrebbe essere fatta momentaneamente, fino almeno a normalizzare la situazione, dunque fino al 2025. “Si potrebbe aumentare la possibilità, per i medici di medicina generale, gli specialisti ambulatoriali e i pediatri di libera scelta, di andare in pensione, se vogliono, a 72 o 73 anni. Questo garantirebbe la continuità di offerta ed eviterebbe di incrementare ora una carenza già elevata”.
(Dire)