Cos’è il West Nile virus? I rischi e le contromisure da prendere
Le notizie di alcuni casi di infezione da West Nile virus (Wnv) nel nord Italia, apparse nei giorni scorsi sui media, stanno causando allarme nell’opinione pubblica. L’Amcli, che dal 1970 si occupa della microbiologia clinica promuovendo la ricerca scientifica e la formazione sulla diagnosi delle patologie infettive, ritiene utile fornire alcune informazioni su questo virus, già presente in Italia da alcuni anni.
COS’È IL WEST NILE
Il West Nile virus è un virus trasmesso da zanzare del genere Culex (zanzara comune) a diverse specie di uccelli, che occasionalmente può essere trasmesso all’uomo. Il virus è endemico in molti Paesi europei e del bacino mediterraneo. La maggior parte (80%) delle persone infettate dal virus non sviluppa alcun sintomo. Circa una persona su cinque sviluppa febbre con sintomi come mal di testa, eruzione cutanea, dolori articolari e muscolari, mentre solo una persona su 150 (0,7%) può sviluppare una malattia grave che colpisce il sistema nervoso centrale, come l’encefalite o la meningite, i cui sintomi più frequenti sono rigidità del collo, stato stuporoso, disorientamento. Le persone più a rischio sono gli anziani, i soggetti immunodepressi o con altre patologie, come tumori, diabete, ipertensione, malattie renali.
15 I CASI CONFERMATI E 4 DECESSI
“Quest’anno- evidenzia Concetta Castilletti, coordinatore del Gruppo di lavoro sulle infezioni virali emergenti (Glive) dell’Amcli e responsabile della Uos di virologia e patogeni emergenti, ospedale Sacro Cuore don Calabria hospital Irccs, Negrar di Valpolicella, in provincia di Verona- la circolazione di questo virus è iniziata più precocemente rispetto agli anni precedenti”. “Il sistema di sorveglianza integrata messo in campo ormai da più di dieci anni in Italia da parte del ministero della Salute- aggiunge- ha rilevato il primo pool di zanzare positive il 7 giugno nella provincia di Vicenza. Da quel giorno ad oggi i casi confermati nell’uomo in diverse regioni del nord Italia sono già 15, con quattro decessi, secondo l’ultima edizione del bollettino sulla sorveglianza integrata emanato congiuntamente ogni settimana dall’Istituto superiore di sanità e dal Centro studi malattie esotiche (Cesme) dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, sulla base dell’attività di sorveglianza svolta dalle regioni”.
“Il numero dei casi a oggi è più alto, ma comunque confrontabile a quello registrato negli altri anni non epidemici, e lontano dai valori registrati nel 2018”, conclude.
COME FUNZIONA IL SISTEMA DI SORVEGLIANZA ITALIANO
In regione Emilia-Romagna, il sistema di sorveglianza microbiologica dell’infezione da Wnv nell’uomo è svolto dal laboratorio di riferimento regionale (Crrem-Uoc di microbiologia, Irccs policlinico S. Orsola, Bologna) e ad oggi ha esaminato 166 pazienti con sintomi più o meno severi riferibili potenzialmente ad un’infezione da Wnv. Di questi pazienti, 6 (3,6%) con età superiore ai 65 anni sono risultati positivi alla ricerca del genoma virale nei diversi campioni biologici e 5 su 6 presentavano sintomi riferibili ad una malattia neuro-invasiva. In Italia il sistema di sorveglianza dell’infezione da Wnv è coordinato dal ministero della Salute e si basa su un approccio ‘One health”, di sanità globale. Gli attori principali di questo sistema di sorveglianza, ormai più che rodato, sono le regioni, gli istituti zooprofilattici ed i laboratori di riferimento. Obiettivo della sorveglianza integrata è rilevare tempestivamente la circolazione del Wnv e attivare prontamente tutte le misure di risposta adeguate a prevenire la trasmissione all’uomo. In base a tale piano, la prima individuazione di un’infezione da Wnv in zanzare, uccelli, cavalli o uomo determina l’avvio di misure preventive per garantire la sicurezza anche della donazione di sangue, degli emoderivati e dei trapianti d’organo e per proteggere quanto più è possibile le persone fragili. Quindi il laboratorio di microbiologia, sia clinico sia veterinario, gioca un ruolo fondamentale nella individuazione precoce dei primi casi di infezione nell’uomo e nel mondo animale ed entomologico.
I PARERI DEGLI ESPERTI
“L’impegno di Amcli- sottolinea il presidente Amcli Ets e direttore U.O. microbiologia Asst ovest Milanese, Pierangelo Clerici– è quello di promuovere e sostenere le attività dei laboratori di microbiologia clinica dedicate alla diagnosi di conferma di infezione da Wnv nell’uomo che deve essere eseguita ricercando direttamente la presenza del virus nel sangue o in altri fluidi biologici come il liquor e le urine, o indirettamente, attraverso l’uso di test sierologici per la ricerca di anticorpi virus-specifici”.
“La diagnosi microbiologica precoce e corretta- continua- è uno dei punti cardine del sistema sorveglianza”.
“La caratterizzazione dei virus isolati in questi giorni ha messo in evidenza la circolazione del lignaggio 1 e del lignaggio 2, entrambi già presenti in Italia con frequenze differenti negli anni passati- spiega Luisa Barzon, virologa dell’università di Padova e componente del Gruppo di lavoro Glive dell’Amcli- finora sono stati descritti nove diversi lignaggi del Wnv, ma solo i lignaggi 1 e 2 sono stati associati alla malattia nell’uomo”. “In Europa- afferma poi- i ceppi di Wnv più diffusi appartengono al clade dell’Europa centro-meridionale del lignaggio 2, emerso in Europa centrale nel 2004. In Italia, i primi casi umani di infezione da Wnv, causati dal lignaggio 1, sono stati rilevati nel nord Italia nel 2008, e da allora, ogni anno si sono verificati focolai di infezione da Wnv in quest’area del Paese”.
“La sorveglianza integrata- precisa Maria Rosaria Capobianchi, consulente per la ricerca, ospedale Sacro Cuore don Calabria Irccs, Negrar di Valpolicella (Verona) e componente Gruppo di lavoro Amcli- prevede il controllo della circolazione della zanzara mediante interventi mirati di bonifica ambientale. Ma anche i cittadini possono collaborare attivamente alle misure di controllo delle zanzare, impedendo che queste possano riprodursi”. “Per fare ciò- informa- è necessario trattare le caditoie di propria pertinenza con prodotti larvicidi, evitare ristagni d’acqua, mettere al riparo dalla pioggia tutto ciò che può raccogliere acqua, introdurre pesci in vasche e fontane così da poterle bonificare, chiudere ermeticamente i recipienti che non possono essere spostati, svuotare giornalmente i sottovasi ed altri recipienti, tagliare periodicamente l’erba e controllare lo sviluppo della vegetazione”. “Inoltre- conclude Capobianchi- il metodo preventivo più efficace consiste nel ridurre la probabilità di essere punti dalle zanzare, tramite l’uso di repellenti cutanei e soggiornando quanto più possibile in ambienti protetti dalle zanzare”.
West Nile virus, Galli: “Lo trasmette la zanzara comune ma niente paura”
“Certo che il West Nile è un virus pericoloso ma niente paura. Immaginiamo di avere davanti a noi un iceberg: in cima c’è la percentuale di persone che hanno un’infezione fatale, che sono circa lo 0,1% del totale delle infezioni, se non meno. Più dell’80% delle infezioni nell’uomo è asintomatico, circa il 20% è rappresentato dalle febbri West Nile, ovvero infezioni che danno una sintomatologia febbrile che dura alcuni giorni, senza complicazioni. L’1%, o un po’ meno, del totale delle infezioni dà luogo a encefaliti, in cui una persona su dieci va all’altro mondo”. Lo afferma alla Dire Massimo Galli, professore fuori ruolo di Malattie infettive dell’Università di Milano. Il West Nile è un un virus a Rna trasmesso da un vettore. Fa parte del genere Flavivirus, che contiene anche il virus della febbre gialla e della Dengue.
È trasmesso dalla zanzara comune ma il professor Galli tiene a distinguere. “La Culex pipiens, ovvero la zanzara comune, è divisa in due biotipi: la Culex pipiens pipiens, che ha la caratteristica di vivere fondamentalmente allo stato libero, all’aperto ed è ornitofilica, si nutre preferenzialmente sugli uccelli. Necessita del pasto ematico per deporre le uova che di solito ottiene dagli uccelli. Durante l’inverno va in cosiddetta ‘diapausa’, riuscendo a rimanere nell’ambiente soprattutto per merito delle uova che ha deposto”. “L’altra zanzara- prosegue- è la Culex pipiens molestus, la nostra zanzara di casa, quella che ci fa spesso dannare e disperare e che è assolutamente antropofilica, viene cioè a nutrirsi soprattutto di noi e lo riesce a fare anche durante l’inverno, poiché vive nella tromba delle scale vicino alle luci che emanano calore o nella colonna dell’ascensore. È soprattutto mammofilica, cioè le piace il sangue dei mammiferi, lo preferisce in maniera molto marcata: basti pensare che esistono aree in cui l’indice di antropofilia è pari al 70-80%. Pungono solo noi”.
IL WEST NILE È UN VIRUS DEGLI UCCELLI
L’esperto informa che il virus West Nile è un virus degli uccelli, non un virus dell’uomo, che rappresenta per il virus stesso un binario morto. “Non nel senso che ci uccide- precisa Galli- ma nel senso che l’infezione termina con noi, perchè non abbiamo nemmeno una viremia sufficiente per trasmettere l’infezione attraverso il pasto ematico delle zanzare”. L’esperto spiega inoltre che “se una zanzara punge me e poi un’altra persona non trasmette l’infezione. Se invece punge un merlo e poi punge me, allora trasmette l’infezione. Lo stesso accade se punge un merlo e poi un altro merlo. Questo vale per noi ma anche per molti grandi mammiferi: gravi infezioni da virus West Nile sono infatti state riscontrate anche nei cavalli”. Non solo i merli finiscono nel mirino delle zanzare: “gli uccelli che contribuiscono involontariamente alla diffusione dell’infezione sono infatti la gazza ladra e il passero comune.
L’incubazione dalla puntura della zanzara è di 2-14 giorni, mentre la febbre dura dai 3 ai 6 giorni. Ci può essere congiuntivite e rush cutaneo. Quest’ultimo è presente nel 19-57% dei casi, anche se personalmente credo di averne visti due su una decina di casi di West Nile acuto. Nella grande maggioranza dei casi sintomatici, che rappresentano il 20% degli infetti, o anche meno, i sintomi sono costituiti da febbre, accompagnata da dolori muscolari e che può essere associata ad un esantema simile a quello del morbillo e ad un ingrossamento dei linfonodi”.
Il professor Galli racconta poi come un virus africano, all’interno di un mondo globalizzato, sia diventato in poco tempo un virus mondiale. “Questo virus- rende noto- viene isolato in Uganda nel 1937. Nel 1951 si ha un’epidemia in Israele, epidemia che si ripete poi in Asia, fino a quando, nel 1962, non arriva una malattia che colpisce i cavalli della Camargue. Poi, negli anni 70, seguono isolamenti nell’uomo in Portogallo e Spagna ma il cambio di passo avviene tra il 1996 e il 1999 in Romania, dove in quegli anni si ha una epidemia in cui compaiono i primi casi umani di encefalite”.
Il virus ha dunque cambiato passo e si dimostra capace, in una minoranza di casi, soprattutto anziani, di causare encefalite nell’uomo. Poi, tra il 1999 e il 2010 si registra una serie di casi in Europa, mentre nel 2000 vengono segnalati i primi casi in Italia. Nel 1999 il virus sbarca negli Stati Uniti, non portato da uccelli migratori ma da un jet, verosimilmente con larve infette di zanzara. “I primi casi si registrano a New York, nel distretto del Queens- aggiunge Galli- e dal 1999 al 2007 interessa poi tutti gli Usa e il Canada, per poi scendere in Messico, Venezuela ed Argentina, diventando rapidamente un virus dell’America meridionale”.
ATTENZIONE ALLE DONAZIONI DI SANGUE E ORGANI
Per quanto riguarda l’Italia, l’anno orribile è il 2018, in cui sono stati osservati 42 decessi in 244 casi autoctoni accertati per la quasi totalità, tranne una delle segnalazioni in Sardegna, in tutte le province della pianura padana: Piemonte, Emilia, Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, habitat preferenziale della zanzara. Secondo Galli “42 decessi su 244 casi sono un un numero molto elevato, soprattutto se si considera che nei cinque anni precedenti c’era stata una media di 31 casi. E nel 2019 e nel 2020 assistiamo ad un numero limitato di casi. Il 2022 è un anno di caldo eccezionale, non so a quale numero siamo arrivati ma potrebbe essere un anno importante”. Il West Nile impone una sorveglianza anche per quanto riguarda le donazioni di sangue e organi. “Non è ovviamente consigliabile donare sangue infetto da questo virus- conclude l’esperto- e in particolare nelle aree interessate le donazioni devono essere testate”.