Caro energia anche per le pere: la bolletta del frigo sale da 500.000 euro a 3 milioni

A soffrire per i rincari energetici sono anche le cooperative ortofrutticole, che conservano, trasformano, commercializzano e promuovono i prodotti conferiti dagli agricoltori associati. Lo conferma Adriano Aldrovandi, presidente di Fruit Modena Group (aderente a Confcooperative), una delle principali realtà della commercializzazione di pere made in Italy.

Noi lavoriamo circa 500.000 quintali di pere all’anno e la nostra attività si concentra nel mese di agosto, quando dobbiamo portare le pere dai 35 gradi di temperatura ambiente a un grado sottozero”, spiega Aldrovandi, sottolineando che “per i nostri frigo abbiamo sempre avuto ad agosto una bolletta energetica di 500.000 euro”. Quest’anno invece “spenderemo tre milioni di euro, cioè sei volte tanto. Sono costi insostenibili che non possiamo scaricare sui consumatori, pena la perdita di fette di mercato”.

Il caldo torrido prima e i nubifragi poi, hanno inoltre fatto sì che le pere sono di calibro più piccolo rispetto al passato e anche i raccolti sono inferiori.

MA ALMENO LA FRUTTA SI ANNUNCIA BUONISSIMA

“In compenso l’abbondante sintesi clorofilliana fa bene alla nostra frutta, che si annuncia squisita. Insomma, avremo meno pere e più piccole, ma buonissime da mangiare”, conclude il presidente di Fruit Modena Group.

CIA: “VALORIZZARE LA PRODUZIONE DELLE PERE IN QUESTA ANNATA ANOMALA”

Un incontro tra Cia e Unapera per affrontare i temi della frutticoltura, in un momento difficile per la pericoltura dell’Emilia Romagna: la riunione tra la Confederazione emiliano romagnola con la società consortile – che raggruppa 25 imprese e che rappresentano oltre il 70% del raccolto commercializzato sul mercato italiano – si è tenuta nei giorni scorsi ed ha affrontato la delicata situazione.

Questo frutto, che vale il 35% della Plv frutticola e coinvolge 15mila addetti, sta attraversando un mare in tempesta: difficoltà produttive a causa di patologie aggressive, costi saliti alle stelle e soprattutto con l’annata siccitosa, la pezzatura dei frutti è inferiore alla media.

“Per questo motivo vorremmo sensibilizzare la Gdo affinchè dia maggior valore ad una produzione di eccellenza che quest’anno, nonostante la buona qualità, non raggiunge i calibri consueti. Il consumatore siamo certi che apprezzi la qualità del prodotto seppur, in media, sia leggermente più piccolo- afferma Stefano Francia, presidente regionale dell’Emilia Romagna di Cia – ma dobbiamo garantire ai frutticoltori una equa remunerazione di questa eccellenza tipicamente emiliano romagnola”.

Il grande caldo ha condizionato quindi la pezzatura di una produzione che negli ultimi 15 anni ha subito una contrazione delle superfici, passando da 23mila ettari ai 17mila odierni. “Se non ci sarà una inversione di tendenza rischiamo di perdere ulteriori superfici con un danno economico ingente per l’Emilia Romagna – prosegue Stefano Francia, presidente regionale dell’Emilia Romagna di Cia – anche perchè in questo areale, in particolare nelle province di Ferrara, Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ravenna, si coltiva il 70% della produzione italiana e il 90% circa delle pere Abate Fetel, punta di diamante del made in Italy”.

Francia ricorda che gli agenti atmosferici avversi, la recrudescenza delle patologie fanno vacillare imprese agricole e il grande indotto che ruota attorno a questa eccellenza. “Vanno incentivati e sviluppati i processi di la ricerca nonché di miglioramento genetico e varietale prosegue Francia al fine di individuare cultivar resistenti, più rustiche e in grado di ‘sopravvivere’ ai cambiamenti climatici ed alle malattie. Si rende quindi necessario- ribadisce infine il presidente di Cia Emilia Romagna- un confronto serio con gli attori della filiera e la Grande distribuzione in particolare perché, oltre ai problemi produttivi abbiamo assistito ad un aumento dei costi insopportabili per le imprese agricole”.

(Dire)

Redazione

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