Sanità, l’allarme: “l’Italia non è affatto un paese per infermieri”

«Abbiamo fatto di tutto e continueremo a fare il necessario per dimostrare che siamo più che mai il perno di una sanità in totale disarmo». Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, nel denunciare i dati allarmanti relativi all’Anno Accademico 2022-2023, che racconta un calo di oltre il 9% ai test di ammissione alla facoltà di laurea in infermieristica.

«A cosa serve avere aumentato i posti di accesso ai bandi, se poi, questa nostra nobile professione, letteralmente abbandonata a se stessa da troppo tempo, perde sempre di più di appeal agli occhi delle nuove generazioni? – si chiede Di Palma -. Immaginate cosa può scattare nella mente di un ipotetico futuro infermiere che deve iscriversi alla nostra facoltà, nell’apprendere di infermieri vittime ogni giorno di demansionamenti, violenze fisiche e psicologiche, e soprattutto conscio, amaramente, che lo stipendio medio di un nostro professionista ci colloca appena sulla soglia della povertà, nonostante rappresentiamo l’eccellenza assoluta in una Europa della sanità che rappresenta ben altro mondo ed è pronta a offrirci anche 5mila euro al mese per lasciare il nostro Paese. Ci viene chiesto di digerire l’ennesimo boccone amaro che non vuole saperne di scendere giù, ma i numeri parlano chiaro. Insomma, l’Italia non è affatto un paese per infermieri. Si leggano i numeri, elaborati dal Segretario aggiunto della Conferenza Nazionale Corsi di Laurea Professioni Sanitarie, sul numero di domande di ammissione al test di ingresso alle professioni sanitarie». Citiamo testualmente: “A presentare domanda quest’anno sono stati 67.856 studenti su 29.808 posti a bando, di cui oltre la metà (17.972) sono per Infermieri. Cala in generale il numero delle domande presentate nelle Università statali da 72.822 dello scorso anno alle attuali 67.804, pari al -7%. Considerando anche le sette Università non statali, in totale, su 31.625 posti a bando le domande sono 72.670, meno delle 78.074 dello scorso anno”».

«Di fronte a questi numeri, continua De Palma, dovremmo sentirci per l’ennesima volta carichi di rammarico, e dovremmo magari arrenderci alla dura realtà di una professione finita in un vicolo cieco e apparentemente senza futuro. La rabbia cresce di giorno in giorno, certo, ma con essa cresce la voglia di continuare a lottare, di scendere nelle piazze. Cresce la volontà di raccontare e ricordare ad una politica, dalla memoria fin troppo corta, che ci chiama in causa solo quando le circostanze lo richiedono, che gli infermieri di ieri e di oggi sono il pane quotidiano del quale sanità ha bisogno. Un personale sanitario, competente e qualificato come lo è già, ma costantemente rinnovato nei numeri e valorizzato a dovere, è indispensabile per affrontare le nuove sfide della salute di un Paese civile, che ha il dovere di attrezzarsi con le sue migliori eccellenze, per garantire qualità nelle prestazioni sanitarie, e per mettere, a disposizione dei cittadini, infermieri coscienziosi ma soprattutto quotidianamente sereni ed appagati».

Redazione

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