A Napoli 4 adolescenti giù dalla finestra in sei mesi

Bambini e adolescenti che si buttano dalla finestra, spesso da altezze molto elevate, nel tentativo di togliersi la vita o farsi molto male. I casi sono in aumento in Italia e a parlarne sono i medici che si occupano di curare poi i traumi e i politraumi che questi giovani e giovanissimi riportano nelle gravi cadute. 

“Nella nostra attività assistiamo a un allarmante aumento di bambini defenestrati. I traumi da defenestrazione, prima rari, sono infatti aumentati soprattutto nella fascia adolescenziale a causa di situazioni di tipo depressivo. Si tratta di adolescenti, maschi o femmine, che purtroppo assumono la decisione di autodistruggersi. A Napoli abbiamo visto in 6 mesi ben 4 defenestrazioni, bambini caduti dai piani alti”. Un racconto amaro quello di Pasquale Guida, presidente uscente della Società italiana di ortopedia pediatrica (Sitop) e primario dell’Unità operativa complessa di Ortopedia Traumatologia A.O.R.N. Santobono, presentato nell’ambito della relazione sui ‘Traumi ad alta energia’ nel corso della seconda giornata del XXIV congresso nazionale della società scientifica. Il congresso si focalizza su ‘Le infezioni dell’apparato locomotore in età evolutiva e le fratture esposte e il trauma maggiore’ ed è in corso a Roma dal 20 al 22 ottobre con la presidenza del dottore Renato Toniolo.

Una situazione allarmante confermata anche dalla neuropsichiatra professoressa Giulia Serra dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, che già diversi mesi fa riportò le casistiche del malessere giovanile nell’ultimo decennio: “Con la seconda ondata pandemica abbiamo osservato un’enorme richiesta di aiuto da parte dei ragazzi- ha detto la psichiatra infantile- ma è una tendenza che registravamo già da 10 anni a questa parte. Tra il 2011 e il 2018, infatti, le richieste di consulenze neuropsichiatriche al Dea dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma sono aumentate di circa 6 volte, passando da 155 a 889. E in questo quadro sono aumentate di circa 20 volte (da 12 a 237) le richieste di aiuto per motivi di autolesionismo e comportamenti suicidari”.

I soggetti che precipitano, entra nel dettaglio del trauma ortopedico il dottor Guida, “hanno fratture vertebrali, di bacino, e poiché impattano in verticale hanno spesso lesioni da scoppio del piede e all’arto inferiore, tibia o femore e presentano fratture dell’omero e del gomito. Hanno un quadro grave di poli traumatismo e poli frattura. Si tratta, pertanto, di piccoli pazienti nelle quali il trattamento chirurgico definitivo delle diverse lesioni traumatiche dello scheletro va attuato precocemente negli Hub pediatrici secondo la filosofia mutuata dagli scenari bellici del damage control. Fermo restando che il team leader è il rianimatore che provvede alla stabilizzazione e sulla scorta delle indagini TC si stabilisce la tipologia delle lesioni neurologiche viscerali e scheletriche. Queste vanno stabilizzate, occorre cioè mettere dei fissatori per bloccare le fratture presenti in più sedi che destabilizzano il Piccolo sia perché determinano perdite ematiche, sia perché fonte di grande dolore. La prima cosa, quindi- spiega l’esperto- è la stabilizzazione delle fratture complesse da trattare contemporaneamente in più sedi”.

Oltre ai gravi traumatismi, definiti traumi non accidentali come la precipitazione, vi è una quota di fratture senza trauma apparente nel pronto soccorso pediatrico come la sindrome del bambino scosso che purtroppo appresenta la prima causa di morte per abuso nei lattanti. “Si tratta di bambini di 6-9 mesi che presentano fratture in vari stadi di guarigione, caratteristicamente le lesioni sono presenti in più sedi e in questi poveri piccoli sono spesso presenti fratture costali legate ai maltrattamenti. Spesso la prova di maltrattamenti reiterati è confermata anche dalla presenza di lesioni da bruciatura e lesioni gravissime al cranio, quasi da esplosione. I genitori – per lo più persone con problemi legati alle dipendenze da sostanze (alcol o droga), ma spesso personaggi insospettabili – finiscono per scuotere violentemente i poveri corpi dei bambini piangenti”, ricorda l’ortopedico. In ultimo, vi è un dato rilevato successivamente alla pandemia che è la aumentata la fragilità ossea dei bambini.

“Un collega coreano ha effettuato una interessante ricerca scientifica dosando la vitamina D su due popolazioni di pazienti pediatrici in epoca pre-Covid e post-Covid. Ha dimostrato che la forzata immobilità dei più piccoli per circa 2 anni (gli anni del Covid) ha determinato una riduzione nei loro livelli plasmatici di vitamina D nel post pandemia. I bambini muovendosi meno hanno mineralizzato meno le loro ossa e sviluppato una minore quantità di massa ossea. Un mix- sottolinea il primario di Ortopedia del Santobono- che non solo li ha resi più fragili, ma ha anche aumentato la complessità delle fratture da trattare. È il caso recente di un bambino arrivato al nostro reparto a ferragosto per un trauma banale. I genitori riferivano una caduta da un metro e mezzo di altezza- racconta Guida- eppure il ragazzino di 10 anni maschio del peso di circa 45 chilogrammi aveva riportato una frattura del bacino che si è completamente aperto con parziale fuoriuscita della vescica, ma soprattutto con una emorragia irrefrenabile che ha richiesto il trasferimento in urgenza al nostro DEA. In altre condizioni sarebbe stato necessario un impatto violentissimo con la generazione di una notevole forza viva, come ad esempio un incidente stradale con impatto frontale a velocità elevata oppure un trauma da precipitazione da grande altezza. Fortunatamente siamo riusciti a stabilizzare il bacino con un fissatore esterno, che ha stabilizzato le perdite ematiche pressoché immediatamente, e per la prognosi ‘quoad vitam'”, conclude Guida.

(Rac/ Dire)

Print Friendly, PDF & Email

Redazione

Per info e comunicati: [email protected] | [email protected]

admin has 103883 posts and counting.See all posts by admin

error: Contenuto Protetto!