Come riconoscere i sintomi dell’infarto? La guida del cardiologo

“Quando si parla di infarto, generalmente si intende infarto miocardiaco, ma in realtà l’infarto può avvenire in diversi organi. ‘Infarto’ è infatti un termine generico per indicare la morte (necrosi) di alcune cellule di un determinato tessuto perché non ricevono adeguato apporto di sangue e ossigeno da parte del sistema circolatorio. Ad esempio, l’ictus cerebrale, detto anche ‘stroke’, è l’infarto di una parte del cervello. L’infarto miocardico, quindi, è la necrosi di una parte del miocardio, che è il muscolo del cuore, ed accade quando un’ostruzione nelle coronarie, le arterie che portano sangue al cuore, impedisce il regolare flusso del sangue”. Alessandro Petrolini, cardiologo dell’Ordine dei medici di Roma, che si occupa di cardiologia interventistica presso gli ospedali European Hospital e Aurelia Hospital, a Roma, offre all’agenzia Dire una descrizione delle dinamiche dell’infarto miocardico.

PERCHE’ SI OSTRUISCONO CORONARIE?

Per prima cosa, il dottor Petrolini chiarisce che esistono molteplici motivi per cui una coronaria si ostruisce. ‘Il motivo principale è senza dubbio legato all’aterosclerosi, malattia del vaso stesso che porta all’accumulo di colesterolo, quindi alla formazione di una placca. Questa placca può restringere progressivamente l’arteria, quindi dare luogo a ciò che chiamiamo ischemia, un fenomeno differente dall’infarto’.

‘Si parla di infarto, infatti- continua- in caso di una interruzione totale del flusso sanguigno, mentre l’ischemia avviene quando c’è un ‘rallentamento’ del flusso, causato da una stenosi, cioè da un restringimento del lume del vaso proprio a causa della placca aterosclerotica. Può anche accadere che la placca possa ‘rompersi’ all’interno del vaso. In questo caso il corpo reagisce difendendosi come avviene, per semplificare, in caso di una ferita, innescando una dinamica che può giungere fino all’infarto’.

‘Il processo riparativo messo in atto in risposta alla rottura di una placca- precisa Petrolini- consiste nel formare un coagulo, il trombo, che rischia di generare una trombosi del vaso, vale a dire un’occlusione dell’arteria che blocca del tutto il flusso del sangue’. Non sempre le ostruzioni sono causate da placche ma anche da problemi funzionali, come per esempio in caso di vasocostrizione di queste arterie. ‘Le placche non sono le uniche cause di ostruzioni coronariche- continua- talvolta sono problemi funzionali, come ad esempio il vasospasmo, a produrre l’interruzione del flusso sanguigno. Prendiamo, ad esempio, l’abuso di sostanze stupefacenti come la cocaina: ebbene, questa può dare origine al cosiddetto spasmo coronarico, che, se persiste per un tempo prolungato, è un’altra causa di infarto’.

Il cardiologo ricorda che tutti noi siamo soggetti ad aterosclerosi, ma dobbiamo cercare di farla avanzare il meno velocemente possibile e quindi lavorare sui fattori di rischio cardiovascolari.

DIABETE E IPERTENSIONE NEMICI DEL CUORE

‘Tra i fattori di rischio- informa- ci sono sicuramente il diabete, l’ipertensione, elevati valori di pressione arteriosa, elevati valori di colesterolo, anche dei trigliceridi, senza dimenticare l’obesità, il sovrappeso, il fumo e la familiarità. Infatti, anche una sorta di predisposizione genetica può accelerare e rendere più grave il naturale processo di aterosclerosi. Altri fattori di rischio sono sicuramente l’età e il sesso maschile’.

ECCO I CAMPANELLI D’ALLARME

Ma quali sono i sintomi che ci fanno sospettare di un infarto del miocardio? Per il dottor Alessandro Petrolini la premessa è d’obbligo: nell’infarto, il tempo riveste un valore fondamentale. ‘Il tempo è il fattore decisivo, senza dubbio. Prima riconosciamo un infarto, prima arriviamo a una diagnosi, e prima possiamo curarlo, e, quindi, salvare più tessuto: più siamo veloci, insomma, più riusciamo a contenere i danni dell’infarto. I sintomi sono quelli dell’immaginario comune, ovvero dolore al torace e al braccio sinistro, ma vista l’importanza di una rapida autodiagnosi cerchiamo di essere più precisi nella descrizione dei sintomi più comuni e meno comuni che devono metterci in allarme’.

Petrolini rende noto che ‘l’infarto miocardico si manifesta spesso con un dolore a livello toracico, al centro del torace, con caratteristiche abbastanza specifiche: molti pazienti descrivono una sorta di morsa, la sensazione di una forte oppressione al torace. Più che un dolore muscolare è un dolore asfissiante, opprimente e oppressivo a livello del torace, sotto lo sterno, l’osso al centro del petto. Il dolore al torace, di tipo oppressivo e continuo, è spesso accompagnato da un dolore che tipicamente si irradia fino alla spalla e al braccio di sinistra, in particolare alla parte esterna, quella dove si trova il mignolo. Queste sono caratteristiche tipiche di un dolore toracico che può essere spia d’allarme di un infarto in corso. Al dolore toracico si aggiunge anche, spesso, un affanno particolare, una vera e propria fame d’aria’.

DOLORE OPPRESSIVO AL BRACCIO E TORACE

La medicina, anche su questa delicatissima tematica, non è una scienza esatta. ‘Il dolore- sottolinea Petrolini – si può irradiare in maniera caratteristica anche posteriormente, tra le scapole, o fino al collo, arrivando sotto la mandibola. Non solo: alle volte anche il braccio destro può essere interessato dalle irradiazioni di un dolore cardiaco. Quindi, ricapitolando: un dolore intenso al torace di tipo oppressivo, che si irradia al braccio di sinistra, alla mandibola, magari anche posteriormente, a cui si associa un respiro affannato, questi sono tutti campanelli d’allarme che devono farci preoccupare e cercare aiuto’.

Come se non bastasse, a tutto ciò si associa ovviamente un grande malessere. ‘Ci sono persone che riferiscono di provare un senso di morte, quindi ansia, sudorazione fredda e, a volte, tutto ciò si può anche tradurre in uno svenimento. Tuttavia, è importante ricordare che esistono casi in cui l’infarto in atto non produce alcun sintomo, alcun dolore. Ci sono pazienti che non riferiscono alcun tipo di dolore, oppure avvertono solo un indolenzimento al braccio, alla mandibola o allo stomaco’.

ATTENZIONE A NON CONFONDERE CON DOLORE GASTRICO

‘Ecco- prosegue- questo è un punto che mi preme sottolineare. Capita abbastanza frequentemente di confondere un infarto con una una epigrastralgia, vale a dire un dolore allo stomaco. Si tratta di un dolore toracico più basso, nel punto in cui noi localizziamo lo stomaco. Anche quella, in realtà, può essere una sede di un dolore cardiaco’.
Sembra dunque che le persone sottovalutino quello che reputano essere un dolore gastrico, un dolore da gastrite, con quello che, invece, risulta poi essere un problema cardiaco. Come distinguere un comune mal di stomaco da un infarto? ‘Bisogna prestare attenzione al tipo di dolore. Se l’epigastralgia si manifesta con le irradiazioni che abbiamo descritto prima, se si associa a sudorazione o ad affanno, allora potrebbe trattarsi non di dolore allo stomaco ma di dolore toracico di pertinenza cardiaca‘.

UNA SPIA….DOLORE AI POLSI

L’esperto si sofferma poi su alcuni sintomi meno caratteristici. ‘Nella mia esperienza ho visitato anche persone che hanno avuto soltanto un dolori molto più sfumati, ad esempio ai polsi, con pochi altri sintomi associati. Questo non vuol dire che dobbiamo allarmarci appena avvertiamo qualsiasi tipo di dolore, naturalmente. Ma se una persona che soffre di diabete, che è ipertesa, o che fuma, o che è obesa, accusa un forte dolore nelle sedi descritte, allora è sicuramente il caso di indagarne le cause per escludere che si tratti di un problema cardiaco’.

AVVERTIMENTO ALLE DONNE: SINTOMI A VOLTE DIVERSI

Poi un avvertimento speciale alle donne. ‘Può capitare che le donne colpite da infarto, anziché un vero e proprio dolore toracico, accusino nausea, vomito, o addirittura soltanto sudorazione, o sentano un dolore circoscritto alla zona posteriore del corpo. A causa di questi sintomi meno riconoscibili, più sfumati e ambigui, spesso succede che le donne, che soffrono di cuore quanto gli uomini, soprattutto dopo una certà età, vengano soccorse meno rapidamente, con conseguenze molto gravi’.

COME INTERVENIRE?

Alessandro Petrolini spiega poi cosa fare in caso di comparsa di uno di questi sintomi. ‘Per prima cosa bisogna accertarsi che sia un fatto cardiaco perché, come abbiamo detto, i sintomi non sono semplicissimi da decifrare. Solo i medici possono farlo, e occorre quindi andare il più rapidamente possibile al Pronto Soccorso. I dolori che abbiamo descritto si presentano a volte con intermittenze: si alternano fitte a momenti di sollievo. Nel caso in cui questi sintomi dovessero persistere per 15-20 minuti, il consiglio è di non indugiare e rivolgersi immediatamente al servizio di emergenza sanitaria chiamando il 112 o il 118‘.
Il cardiologo aggiunge che ‘solo in pronto soccorso, infatti, una volta accertata la natura cardiaca dei sintomi, in questo basta anche solamente un elettrocardiogramma, oppure altri tipi di esami, i medici possono intervenire rapidamente sull’infarto del miocardio. A tal proposito abbiamo una rete di laboratori di Emodinamica dove si esegue il miglior trattamento in urgenza dell’infarto cardiaco: tramite anestesia locale e l’inserimento di piccoli cateteri all’interno delle arterie si visualizzano le arterie coronarie e si va a trattare l’occlusione tramite la cosiddetta ‘angioplastica primaria’, che consiste nella riapertura del vaso e nell’impianto di un piccolo stent all’interno della coronaria malata’.

‘Sempre più spesso, inoltre, è possibile eseguire elettrocardiogrammi sull’ambulanza, quando si chiamano i soccorsi. Questo- rende noto- consente una diagnosi molto precoce e un indirizzamento del paziente presso la struttura più attrezzata per questo tipo di soccorso. Dunque, il messaggio che mi preme ripetere è: non sottovalutare i sintomi permette di intervenire precocemente e di limitare fortemente i danni dell’infarto’.

Può però anche accadere che l’infarto passi del tutto inosservato. ‘Ci sono persone che non si accorgono di avere avuto un infarto, capita di visitare pazienti che ne sono rimasti inconsapevoli. In questo caso siamo di fronte al cosiddetto ‘infarto silente’, che si riscontra soprattutto nei pazienti diabetici. Oppure i sintomi ci sono stati ma non sono stati ricondotti all’infarto. Ad esempio, il paziente, sollecitato dai medici, ricorda di avere avuto, in passato, un forte dolore allo stomaco. Ecco, in quel momento possiamo ricostruire che quel dolore allo stomaco non era un segno di gastrite, ma di infarto, poi fortunatamente evoluto bene, stabilizzatosi negli anni, perché era stata danneggiata soltanto una piccola zona del cuore, senza causare una compromissione generale dell’organo’.

INFARTO E ARRESTO CARDIACO DUE COSE DIVERSE

Parlare con il cardiologo dell’Omceo Roma è inoltre l’occasione per fare una distinzione che, spesso, non è così immediata, quella tra infarto del miocardico e arresto cardiaco. ‘Sono due cose diverse, anche se collegate. Parliamo di arresto cardiaco quando il cuore non funziona più, non svolge più la propria funzione di pompa e, quindi, smette di fare arrivare sangue agli altri organi del corpo. Se il sangue non arriva agli organi, le cellule muoiono. Il primo organo ad essere colpito dall’evento è il cervello, perché per funzionare ha continua necessità di ossigeno (e dunque di un flusso ininterrotto di sangue). Questo è l’arresto cardiaco’.

‘Spesso- precisa- l’arresto viene prodotto da un problema elettrico. Cerco di essere più chiaro: il cuore è un muscolo che lavora grazie a stimoli elettrici intrinseci. Può succedere che, per una vasta gamma di motivi che non è il caso di elencare, avvenga una specie di ‘cortocirciuito’, una disorganizzazione
dell’attività elettrica che porta a una contrazione irregolare o eccessivamente veloce del cuore, che finisce per compromettere la sua funziona di pompa’.

‘L’infarto cardiaco è invece, come abbiamo detto, l’ostruzione delle arterie coronarie: un ostacolo meccanico che impedisce il flusso regolare di sangue al cuore. Arresto cardiaco e infarto miocardico non sono dunque sinonimi. Tuttavia, l’infarto è una delle cause dell’arresto cardiaco. Chi ha un infarto può infatti avere un arresto cardiaco, anche se non necessariamente: molti infarti non comportano arresti cardiaci. Viceversa, non tutti gli arresti cardiaci sono dovuti all’infarto’.

‘Come già spiegato- dichiara inoltre Petrolini- l’arresto cardiaco ha origine da un problema di natura elettrica, l’aritmia, che causa la disorganizzazione dell’attività elettrica complessiva e, quindi, nei casi più gravi, porta all’arresto cardiaco. In questi episodi di aritmia grave, esistono purtroppo varie patologie e condizioni croniche che predispongono a tali aritmie, il cervello è il primo organo a soffrire e, per questo, il paziente perde coscienza, sviene. Se non agiamo subito con compressioni toraciche e con la defibrillazione precoce, può sopraggiungere la morte cerebrale o di tutto l’organismo’.

‘Anche in questi casi è quindi importantissimo un pronto intervento: il ‘massaggio cardiaco’, o, per meglio dire, le compressioni toraciche, ci permettono di guadagnare tempo prezioso e di preservare in qualche modo il cervello ma è il defibrillatore, riconoscibile dall’acronimo in verde ‘DAE’ o ‘EAD’, che è quasi sempre decisivo. Il defibrillatore è infatti in grado, in maniera autonoma, di riconoscere l’aritmia grave ed ‘interromperla’ con una scarica elettrica. Come è facilmente intuibile, l’efficacia è tanto maggiore quanto più è precoce l’utilizzo del defibrillatore: ancora una volta, il fattore tempo è di importanza vitale’.

ABBATTERE I RISCHI

Il medico lancia poi un messaggio ai cittadini per la salvaguardia del proprio cuore. ‘Sicuramente è importante la prevenzione, abbattere il più possibile tutti i fattori di rischio. Quindi, educazione a uno stile di vita salutare, ovvero alimentazione bilanciata, abolizione del fumo, attività fisica e riduzione dello stress, oltre a controlli periodici per verificare i valori della pressione arteriosa e del colesterolo ed eventuale cura del diabete’.
Petrolini spiega che ‘una persona potrà anche sentirsi perfettamente in forma, ma se non si misura la pressione non potrà mai scoprire di avere la pressione alta, perché questa può essere asintomatica. La stessa cosa vale per le analisi del sangue, perché il colesterolo alto non è percepibile dal paziente, ma è accertabile solo tramite esame del sangue, lo devo andare a controllare’.

‘Come ho cercato di spiegare- tiene poi a dire- è cruciale evitare il più possibile ritardi. In caso di sintomi di infarto miocardico, non aspettiamo, non indugiamo: chiamiamo subito il servizio di emergenza sanitaria. Ogni esitazione può essere letale. Durante la pandemia molte persone, comprensibilmente spaventate dal rischio di infezione del virus Sars-CoV-2, hanno sottovalutato i loro sintomi e hanno tardato a chiamare i soccorsi, arrivando a volte troppo tardi’.

Alessandro Petrolini, che svolge anche attività di formazione di istruttori per le manovre di rianimazione cardiopolmonare con didattica dell’American Heart Association, si sofferma poi sull’importanza dell’educazione alla rianimazione cardiopolmonare. ‘Le manovre di rianimazione cardiopolmonare dovrebbero essere parte dell’educazione civica di tutti: essere in grado di riconoscere un arresto cardiaco, praticare anche soltanto compressioni toraciche, a una determinata profondità e ad un determinato ritmo, chiamare i soccorsi e procurarsi un defibrillatore sono interventi precoci estremamente preziosi in caso di arresto cardiaco e ci permettono letteralmente di salvare la vita delle persone’.

NECESSARIO AVERE DEFIBRILLATORI

‘Ecco perché- precisa- è importantissimo insistere sulla necessità di distribuire i defibrillatori in modo capillare sui territori e nelle nostre comunità. Basterebbe pensare che i defribillatori negli edifici pubblici e negli uffici sono importanti quanto gli estintori: avere più defibrillatori, e più corsi sul corretto uso di queste semplici macchine, vuol dire avere più possibilità di salvare la vita delle persone colpite da arresti cardiaci. Come spesso accade, la conoscenza diffusa e l’intreccio tra individui e comunità sono i migliori alleati della vita e della salute, anche di quella del cuore‘.

‘Combinare precauzioni personali, ovvero prevenzione e controlli, riconoscimento dei sintomi allarmanti e pronto intervento in caso di arresto cardiaco sono i tre elementi fondamentali per scongiurare danni irreparabili’, conclude.

(Dire)

Redazione

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