In Italia fino a 49mila decessi l’anno per infezioni correlate all’assistenza sanitaria

Riparte dall’Abruzzo la lotta alle infezioni correlate all’assistenza sanitaria, una delle minacce più significative per i prossimi anni, in parallelo all’antibiotico-resistenza. I dati del fenomeno sono impressionanti: come riporta l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Europa le ICA provocano ogni anno 16 milioni di giornate aggiuntive di degenza e 37mila decessi direttamente attribuibili, 110mila decessi per i quali l’infezione rappresenta una concausa; i costi diretti vengono stimati in approssimativamente in 7 miliardi di euro. A partire dal 2049, nuovi microrganismi sempre più diffusi e letali potranno rappresentare la prima causa di morte nel mondo in assenza di contromisure adeguate. Per questo diventano fondamentali i modelli che si sono impiegati e sperimentati in questi anni. A questa analisi è dedicato il convegno ‘Microbiology & Infections Pescara 2022’, patrocinato dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT: tre giornate dedicate alle infezioni provocate dai microrganismi patogeni per capire le strategie più efficaci da adottare anche in futuro.

RICERCA CLINICA E POLITICA SANITARIA CONTRO LE ICA

Alla sessione ‘Infection Control, questo sconosciuto: lo scenario futuro oltre il COVID’ hanno partecipato clinici e istituzioni per avviare un dialogo costruttivo. Tra gli altri, Marco Marsilio, presidente della Regione Abruzzo; Nicoletta Verì, assessore alla Sanità; Vincenzo Ciamponi, direttore generale della ASL di Pescara. “Le infezioni correlate all’assistenza rappresentano una conseguenza del setting in cui assistiamo i nostri pazienti- sottolinea Giustino Parruti, direttore UOC Malattie Infettive Asl Pescara e presidente SIMIT Abruzzo e Molise- Per ridurle servono risorse e strumenti adeguati”. “Le ICA costituiscono un grave problema di sanità pubblica. Sono determinate da molteplici fattori e richiedono una risposta coordinata- evidenzia il prof. Massimo Andreoni, direttore Scientifico SIMIT- Tra le cause più comuni, vi sono l’uso eccessivo degli antibiotici, la presenza di germi multiresistenti nell’ospedale, la mancanza di procedure corrette nella limitazione della trasmissione delle infezioni come il lavaggio delle mani o la sanificazione degli ambienti. Inoltre, oggi ci sono sempre più pazienti fragili, che spesso arrivano in ospedale già colonizzati da germi multiresistenti: questo impone che tutti i pazienti siano monitorizzati dal loro ingresso in ospedale”.

IL MODELLO VIRTUOSO DELLA ASL DI PESCARA

La lotta alle infezioni correlate all’assistenza ha visto nella realtà di Pescara e dell’Abruzzo un sistema vincente. “Il Gruppo Operativo Epidemiologico della ASL di Pescara si è distinto per numerosi elementi- spiega Giustino Parruti- Anzitutto, da 10 anni abbiamo istituito la segnalazione obbligatoria per la colonizzazione da batteri Alter, ovvero quelli più pericolosi per la salute dei pazienti, anticipando così l’infezione con un intervento preventivo o correttivo in fase preclinica. In secondo luogo, vi è un coordinamento tra infection control ed antimicrobial stewardship per l’uso corretto degli antibiotici, che ha dato risultati eccezionali soprattutto nel triennio 2015-18 in Rianimazione, il più collaborativo tra i vari ambiti applicativi. A tale proposito, nel 2019 abbiamo pubblicato un importante lavoro sulla riduzione della circolazione di germi multiresistenti in Rianimazione mediante il controllo delle prescrizioni antibiotiche, a seguito del quale è letteralmente crollato il tasso di pazienti portatori o affetti da germi multiresistenti. Inoltre, vi è stata un’efficace risposta alla pandemia con il distanziamento dei pazienti, mentre nessuna attività chirurgica o clinica è stata sospesa. Abbiamo avuto spazi e personale per assistere i pazienti con COVID senza dover ricorrere a conversione delle aree di degenza, poichè abbiamo realizzato un ampliamento delle aree di degenza per un totale di circa 70 posti, con l’istituzione della terapia sub intensiva e il raddoppio dei posti in terapia intensiva. Infine, stiamo lavorando a un database unico regionale di tutti i germi multiresistenti identificati nei 6 laboratori dell’Abruzzo: questo strumento sarà molto utile nella prescrizione di antibiotici più avveduta, in un’ottica di antimicrobial stewardship. Quest’analisi sarà migliorata in tempo reale dai dati delle scheda di dimissione ospedaliera con un meccanismo automatizzato, secondo una procedura che non ha eguali in Europa: in pratica, potremo sapere se vi è un determinato batterio, in che tipo di paziente, in quale reparto o distretto territoriale. Oggi vogliamo difendere questi risultati: il paziente ha bisogno di spazi, risorse e di un numero adeguato di sanitari per essere assistito efficientemente”.

IL PROGETTO DEL POLICLINICO DI TOR VERGATA

“Presso il Policlinico di Tor Vergata- aggiunge il prof. Massimo Andreoni- è stata messa a punto una piattaforma in cui vengono inseriti tutti i fattori utili per diminuire la resistenza dei germi e per capire quale fattore abbia provocato l’aumento della resistenza. È un progetto molto ambizioso, ormai la piattaforma è funzionante e potrà dare elementi importante per capire questo fenomeno e dare strumenti su come combatterlo, offrendo anche ad altre strutture un modello riadattabile”.

I DATI SULLE ICA E LE IMPLICAZIONI GIURIDICHE

I dati sulle infezioni correlate all’assistenza in Italia sono abbastanza preoccupanti. Le più frequenti sono quelle respiratorie (24%), del tratto urinario (21%), del sito chirurgico (16%), del sangue confermate dal laboratorio (16%). In Europa, ogni anno colpiscono 1 paziente su 20 (6%). Comportano un aggravio di spesa la Sanità pari a 7 miliardi di euro. “Tra i dati che emergono, uno di quelli più eloquenti è stato rilevato dal Rapporto Osservasalute 2018, per cui in Italia in un anno ci sono fino a 49mila decessi da ICA, di cui il 50% sarebbero evitabili attraverso un’efficace prevenzione- spiega l’avv. Raffaele Di Monda, presidente Associazione culturale Fülop- Non esiste una normativa adeguata che istituisca queste forme di prevenzione né che tuteli chi ne rimanga vittima. L’associazione Fülop si sta impegnando proprio per colmare questa lacuna. A inizio 2020 abbiamo depositato una legge per imporre il controllo, l’informazione, la costruzione di un centro di elaborazione dati, l’adozione di forme di prevenzione analoghe a quelle del COVID (spazio di degenza che non crei assembramenti, uso dei DPI, attenzione nelle medicazioni tra diversi pazienti, oltre al coinvolgimento anche dei visitatori). Attualmente la legge è in una fase di stallo; è stata recentemente approvata dalla Regione Campania dove dovrebbe a breve entrare in vigore. I dati clinici ed economici impongono un nuovo approccio, che deve partire da una corretta applicazione delle norme. Altrimenti si dovrà incorrere anche nelle conseguenze civili e penali”.

(Dire)

Redazione

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