I medici del pronto soccorso contro i colleghi no vax

“Sul reintegro dei no vax si è dimostrata molta più attenzione per la minoranza dei non vaccinati piuttosto che per la grande maggioranza di chi ha osservato le regole e non prende fiato da quasi tre anni. Inoltre, l’apporto di quella minoranza sulla situazione attuale di carenza di personale sanitario sarà inesistente, più che mai nei Pronto Soccorso“. A dirlo Fabio De Iaco, presidente della Società italiana di medicina di emergenza-urgenza (Simeu) che poi sgombra il campo da ogni dubbio: “Al Pronto soccorso non abbiamo medici no vax, qui è necessaria la massima protezione sia da un possibile contagio a livello personale che verso i pazienti”.

Per i medici, vaccinarsi contro il Covid e indossare i dispositivi di sicurezza è tanto più necessario a causa del sovraffollamento quotidiano nei Pronto soccorso, altrimenti contagiarsi sarebbe molto facile: “Ieri alle 7 di mattina- conferma De Iaco- solo nel Lazio c’erano 880 pazienti boarding, in attesa di un posto letto“.

BENE L’AUMENTO DEGLI STIPENDI MA IL PROBLEMA NON E’ SOLO ECONOMICO

La Simeu saluta con favore la possibilità di aumentare gli stipendi ai medici che lavorano in pronto soccorso – proposta avanzata ieri dal ministro Schillaci in una intervista al Corriere della Sera – e avanza una proposta sul metodo perché “esiste già una via da intraprendere. L’anno scorso l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, aveva inserito nella legge di bilancio una clausola che prevedeva una indennità di 27 milioni per i medici dei Ps e di 63 milioni per gli infermieri dei Ps“.

“Questi soldi non sono stati ancora presi dai medici- sottolinea De Iaco- perché devono passare attraverso il rinnovo del contratto e quindi dei sindacati. Per gli infermieri, invece, credo che l’intesa sia stata trovata anche se nella realtà dei fatti si è trattato di un accordo sindacale che ha fortemente diluito questa indennità tra i vari infermieri, tradendo l’intenzione del ministro di intervenire direttamente sugli operatori dei Ps. Il ministro Schillaci adesso potrebbe intervenire andando ad agire proprio su quella indennità”.

Valorizzare economicamente alcune discipline ‘svantaggiate’ però non basta per migliorare la condizione di lavoro degli operatori dell’emergenza urgenza, “perché il problema non è solo economico. Abbiamo la necessità di intervenire su alcuni elementi cruciali come il boarding e sulle condizioni di stress lavorativo del personale sanitario”.

IL PROBLEMA DEL BOARDING

Il problema del boarding si pone perché “i posti letto per acuti realmente disponibili in ospedale non sono sufficienti e questo non deve rimanere un problema confinato al Ps. Tutti gli ospedalieri e tutti i reparti se ne devono fare carico”.

FAR ENTRARE SPECIALIZZANDI IN OSPEDALE PER AGIRE SULLA CARENZA DI PERSONALE

Sulla carenza di personale, infine, “non si può prescindere da un ragionamento ben fatto sull’ingresso degli specializzandi negli organici come misura di assoluta urgenza. In questo momento- chiarisce il medico- le aziende ospedaliere cercano gettonisti perché non hanno alternative se i concorsi vanno deserti. In Italia l’unico serbatoio di medici è costituito dagli specializzandi, che continuano ad essere relegati alle università, fanno gli studenti fino a 32 anni ma sono medici. Facciamoli entrare nelle strutture ospedaliere– propone il presidente della Simeu- magari con un tutoraggio da parte dei direttori delle strutture e con responsabilità commisurate al progressivo grado di acquisizione delle competenze, preservando il tempo per lo studio”. Questa, conclude, “non può essere una richiesta facoltativa, deve essere una variazione che guiderà la struttura delle scuole di specializzazione in una direzione internazionale”.

(Dire)

Redazione

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