Ugo ucciso da carabiniere: genitori chiedono giustizia

Parlano i genitori di Ugo Russo, il ragazzo di 15 anni ammazzato a Napoli nella notte tra il 28 febbraio e il 1 marzo 2020.

 Il giovane fu ucciso da un carabiniere libero dal servizio che sparò contro il ragazzo dopo un tentativo di rapina. 

Martedì si è appreso della chiusura delle indagini, con il carabiniere accusato di omicidio volontario.

“CHI AMMAZZA UNA PERSONA DEVE ANDARE IN CARCERE”

“Una persona che ne ammazza un’altra deve stare in carcere”. A dirlo è Enzo Russo, il papà di Ugo, incontrando i giornalisti in piazza Parrocchiella, dove si trova un grande murale con il volto di Ugo e la scritta “Verità e Giustizia”.

“Abbiamo sempre creduto nella giustizia e nella magistratura – confida Enzo Russo -, con la chiusura delle indagini è emerso che il carabiniere è stato accusato di omicidio volontario con varie aggravanti, una tesi che abbiamo sostenuto dal primo giorno. Sul corpo di mio figlio c’erano sei fori da proiettile, era evidentissimo che non ci stavamo inventando nulla”.

“NON AVER SAPUTO NULLA CI HA LOGORATI”

Il padre di Ugo ricorda di aver ribadito dal primo giorno che suo figlio “aveva sbagliato, ma non doveva pagare con la morte il suo errore. Mio figlio aveva 15 anni e non sapeva neanche lui cosa voleva dalla vita. Però nessuno può pensare di poter ammazzare qualcuno e passarla liscia. Non aver saputo nulla per tutto questo tempo ci ha logorati, ci siamo chiusi nel nostro dolore, anche se ne abbiamo passate tante. Ci siamo chiusi nel nostro dolore e abbiamo aspettato”.

IL COMITATO: “UGO ERA LA VITTIMA, NON IL COLPEVOLE”

Per Carmine Conelli, componente del comitato Verità e Giustizia per Ugo Russo, “La chiusura delle indagini arriva a dimostrare una cosa che noi sapevamo da tempo, ovvero che Ugo Russo, a differenza di come dipinto dall’opinione pubblica, non era il colpevole ma la vittima di questa brutta storia“.

“In questo momento – spiega Conelli, incontrando la stampa davanti al murale “Verità e Giustizia” realizzato ai Quartieri Spagnoli – abbiamo la conferma che quanto ipotizzavamo dall’inizio è confermato, almeno per quanto riguarda la chiusura indagini che arrivano dopo due anni e otto mesi, a risarcimento parziale di una storia molto dolora per la famiglia, alimentata da giudizi e pregiudizi. Speriamo che sia un punto di partenza, che il processo arrivi presto e che si possa stabilire la completa verità e la famiglia di Ugo possa avere giustizia”.

“La nostra – dice Alfonso De Vito del comitato per Ugo Russo – è una battaglia per affermare che il diritto alla giustizia appartiene a tutti. Cerchiamo di capire se a Ugo Russo è stata eseguita una pena di morte senza processo”. La chiusura delle indagini e l’accusa di omicidio volontario “è stato anche un primo momento di risarcimento emotivo per i suoi familiari, che hanno subito in questi anni una fortissima aggressione e criminalizzazione morale, dimenticando che, seppure Ugo aveva delle responsabilità per il suo gesto, aveva anche una vita davanti per misurarsi con quello che aveva fatto. Ugo è la vittima di questo procedimento, non il colpevole. Invece abbiamo vissuto una vera e propria furia ideologica che in qualche modo, puntando solo a criminalizzare il ragazzo, ne voleva anche in qualche modo legittimare la morte. Ora il processo inizia ed è importante anche che arrivi presto”.

De Vito commenta anche la circostanza emersa nelle ultime ore, ovvero che il carabinieri indagato è tuttora in servizio nel Nord Italia: “Non può che lasciarci straniti quanto letto sui giornali, ci sembra una mancanza di tutela anche nei suoi confronti: mi chiedo quale serenità possa avere nel girare armato se andrà a processo per omicidio volontario”.

(Nac/Dire) 

Redazione

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