Caro benzina: obbligo di esporre il prezzo medio
Il Governo interviene per contrastare il caro benzina. Il decreto varato dal consiglio dei ministri convocato questa sera prevede l’obbligo per ogni distributore di carburante di esporre il prezzo medio nazionale della benzina e del diesel, consentendo all’automobilista di comparare i prezzi.
Una misura che ha l’obiettivo di contrastare giochi al rialzo e ipotetiche speculazioni da parte di alcune stazioni di servizio. Per chi viola il dispositivo sono previste sanzioni che, in caso di recidiva, arrivano fino alla sospensione dell’attività per un periodo tra un minimo di 7 e un massimo di 90 giorni.
Il ministero delle Imprese calcola e pubblica il prezzo medio giornaliero nazionale. “Tale prezzo deve essere esposto, con specifica evidenza, da parte degli esercenti insieme al prezzo da essi praticato”, si legge nella nota di Palazzo Chigi. Si rafforzano poi i collegamenti tra il Garante prezzi e l’Antitrust, per sorvegliare e reprimere sul nascere condotte speculative.
Allo stesso fine, si irrobustisce la collaborazione tra Garante e Guardia di Finanza; viene istituita una Commissione di allerta rapida per la sorveglianza dei prezzi finalizzata ad analizzare – nel confronto con le parti – le ragioni dei turbamenti e definire le iniziative di intervento urgenti.
IL BUONO BENZINA NON CONCORRE AL REDDITO
Il Cdm ha inoltre stabilito che nel periodo gennaio-marzo 2023, il valore dei buoni benzina ceduti dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti, nel limite di 200 euro per lavoratore, non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente.
I BENZINAI SI DIFENDONO: “I CONTROLLI FATELI SUI PREZZI SBALLATI”
“Nessuna speculazione sul prezzo dei carburanti da parte degli esercenti. Certo, se ci sono dei furbi vanno trovati, a tutela di tutti gli altri che lavorano correttamente e a tutela dei clienti. Ma il Governo dica le cose come stanno, ovvero che dall’1 dicembre ha reintrodotto le accise, e faccia fare controlli mirati, visto che gli strumenti ci sarebbero”. Ercole Gori, presidente regionale e provinciale della Faib Confesercenti, Federazione autonoma italiana benzinai, ed esercente del distributore Eni in via Marecchiese a Rimini, non ci sta a vedere messa sotto accusa l’intera categoria e obietta: chi lamenta speculazioni da parte degli esercenti non conosce la materia.
“Le grandi compagnie – dice Gori – ci impongono il prezzo e gli esercenti sono tenuti a comunicare al ministero dello Sviluppo economico i prezzi che pratichiamo. Non sarebbe difficile per il Governo, con questi dati, fare controlli mirati su chi pratica prezzi ‘sballati’, sia in eccesso, ma anche in difetto, legati magari all’acquisto di carburante in un mercato parallelo. Invece viene mandata la Finanza a fare controlli che non portano a nulla: prova ne è che nel nostro territorio nessuno è stato multato“.
Oggi il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Roberto Rustichelli, ha scritto al Comandante Generale della Guardia di finanza, Giuseppe Zafarana, chiedendo la collaborazione del Corpo al fine di acquisire la documentazione inerente ai recenti controlli effettuati sui prezzi dei carburanti, con particolare riferimento alle violazioni accertate.
PERCHÉ SONO AUMENTATI I PREZZI DEI CARBURANTI
Gori prova allora a fare chiarezza sulla crescita dei prezzi dei carburanti. “In aprile 2022 il precedente Governo aveva temporaneamente tolto le accise per andare incontro agli utenti – ricorda l’esponente di Faib Confesercenti – il Governo attuale le ha reintrodotte: 10 centesimi più Iva dall’1 dicembre, altri 15 più Iva dall’1 gennaio, in totale 30,5 centesimi. Il cliente guarda il prezzo finale, e il prezzo è salito per le accise: al 30 novembre il gasolio era ad esempio 1,669 euro, e con l’aumento dell’accisa sarebbe arrivato a 1,969. Invece ora è 1,862, segno che comunque in due mesi è in realtà diminuito di 0,10 centesimi”.
E non si facciano raffronti con San Marino: “Sul Titano non hanno aumentato le accise, e il prezzo dei carburanti, per una serie di meccanismi, è da sempre aggiornato circa tre-quattro settimane dopo rispetto all’Italia”.
(Dire)