Invasione russa dell’Ucraina: un anno di guerra
All’alba del 24 febbraio 2022 il presidente russo Vladimir Putin ha dato l’ordine di invadere la vicina Ucraina.
La decisione è avvenuta poco dopoil riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donbass situate in territorio ucraino, Donetsk e Lugansk, e l’invio di truppe con la motivazione ufficiale di un’iniziativa di peacekeeping.
IL DISCORSO DI PUTIN
Sono le 6 di mattina in Russia (le 4 in Italia), la tv russa manda in onda il discorso di Vladimir Putin che ha annunciato la smilitarizzazione dell’Ucraina con una “operazione militare speciale”, che suona come una dichiarazione di guerra de facto, nell’ambito dell’azione per difendere i separatisti nell’Est del Paese. “L’operazione militare russa mira a proteggere le persone e le circostanze richiedono un’azione decisiva dalla Russia”, ha aggiunto.
L’INVASIONE RUSSIA IN UCRAINA
L’invasione russa, avvenuta al termine di tensioni durate mesi e di una serie di colloqui diplomatici falliti, è cominciata nelle prime ore del mattino del 24 febbraio: la Russia ha attaccato l’Ucraina da sud (dalla Crimea, annessa alla Russia nel 2014 con un referendum considerato illegale praticamente da chiunque), da nord (dalla Bielorussia, governata dal dittatore Alexander Lukashenko, alleato di Putin) e da est, verso il Donbass, la regione più orientale dell’Ucraina dove era già in corso una guerra dal 2014 tra separatisti filorussi ed esercito ucraino.
Putin oltre al suo esercito (che entra nei territori ucraini con la ‘Z’ sui tank e mezzi militari), ha anche il supporto di mercenari come il gruppo Wagner e paramilitari ceceni di Kadyrov.
Il presidente Zelensky ha risposto promulgando la legge marziale, interrompendo i rapporti diplomatici con la Russia e annunciando la mobilitazione generale. Poco dopo sono iniziate le operazioni belliche. L’esercito russo è penetrato in territorio ucraino da nord dal confine ucraino-bielorusso, a est dal confine russo ucraino e a sud dalla Crimea unilateralmente annessa nel 2014. Da nord l’ingresso nel Paese è avvenuto sia dal confine russo-ucraino sia da quello tra l’Ucraina e la Bielorussia. Il 24 febbraio le truppe russe hanno preso controllo delle città fantasma di Černobyl’ e Pryp”jat’, compresa la centrale nucleare, per poi puntare verso la capitale Kiev con l’obiettivo di accerchiarla. L’avanzata è stata però rallentata dalla resistenza delle truppe ucraine, che non sono tuttavia riuscite a difendere l’aeroporto Antonov di Hostomel’, perso tra il 24 e il 25 febbraio a causa dell’intervento di paracadutisti russi elitrasportati.
A est, l’esercito russo è inoltre avanzato nel territorio delle autoproclamate repubbliche di Lugansk e Donetsk, nel Donbass.
A sud, il 24 febbraio la marina russa ha preso il controllo dell’isola dei Serpenti, in posizione strategica a circa 45 km dalle coste di Odessa e della Romania. Il maggior avanzamento delle forze russe si è però registrato a partire dalla Crimea e ha consentito loro di prendere il controllo del canale della Crimea settentrionale, della città di Kerson e dell’importante centrale nucleare di Zaporižžja, conquistata il 4 marzo. Sempre dalla Crimea, le truppe russe si sono spinte verso est seguendo la costa, fino a ricongiungersi con quelle penetrate dal Donbass e ad accerchiare Mariupol’.
Il 27 febbraio Putin ha ordinato l’attivazione dei sistemi di allerta nucleare, corrispondente allo stato di preallarme difensivo basato sui missili nucleari.
L’invasione russa ha ricevuto un’ampia condanna internazionale e pesanti sanzioni economico-finanziarie, oltre a scatenare una serie di proteste contro l’invasione da parte della popolazione russa nelle principali città, conclusesi con arresti di massa.
Il 6 marzo l’azione di Putin ha ricevuto il sostegno della Chiesa ortodossa russa, il cui patriarca Cirillo I, nella recita del sermone della Domenica del Perdono, si è espresso violentemente contro lo svolgersi dei gay pride nei Paesi occidentali sostenendo che «Stiamo parlando di qualcosa di molto più importante della politica. Parliamo della salvezza umana […] siamo entrati in una guerra che non ha significato fisico ma metafisico. Per otto anni si è cercato di distruggere quanto esisteva nel Donbass, dove vi è un fondamentale rifiuto dei cosiddetti valori offerti da chi rivendica il potere mondiale», giudicando l’appoggio all’invasione “un test della fedeltà al Signore”.
Il 20 marzo il Consiglio di sicurezza ucraino, in vigenza della legge marziale, ha sospeso l’attività di 11 partiti politici considerati filorussi, compresi i due rappresentati in parlamento: Piattaforma di Opposizione – Per la Vita, con 43 deputati, e Blocco di Opposizione, con 6 deputati. Nello stesso tempo sono state bloccate le trasmissioni di televisioni che non accettano di trasmettere attraverso un’unica piattaforma.
Dal 25 marzo le truppe ucraine lanciano una serie di contrattacchi nelle aree vicine alla capitale riottenendo nei giorni successivi il controllo di diversi centri, tra cui Irpin’ e Buča e accusando nel contempo le forze russe di aver perpetrato uccisioni di massa di civili e torture nel corso dell’occupazione di tali aree.
LA GUERRA LAMPO FALLITA DA PUTIN
Tutte le scelte militari fatte dall’esercito russo sul campo nelle prime fasi dell’invasione suggerivano che Putin avesse in mente una cosiddetta “guerra lampo”, forse di qualche settimana, da concludersi con la conquista di Kiev, la capitale, e poi di tutta l’Ucraina e con l’instaurazione di un governo “fantoccio” filorusso. Le cose sono andate molto diversamente. L’offensiva militare russa ha incontrato fin da subito grosse difficoltà, soprattutto nel nord dell’Ucraina: l’esercito russo inviato sul campo, in ampia parte costituito da riservisti e coscritti, ha dovuto affrontare una resistenza inaspettatamente tenace da parte delle forze ucraine, che a loro volta hanno sfruttato una serie di debolezze ed errori compiuti dai russi per attaccarli.
Il RUOLO DELLE ALTRE NAZIONI
Dal 2014, Regno Unito, Stati Uniti, UE e NATO hanno fornito all’Ucraina aiuti militari perlopiù non letali. Il supporto militare letale è stato limitato, con gli Stati Uniti che hanno iniziato a vendere armi tra cui missili anticarro Javelin a partire dal 2018, e l’Ucraina che ha accettato di acquistare droni da combattimento TB2 dalla Turchia nel 2019. Dopo che la Russia ha iniziato ad ammassare equipaggiamenti e truppe ai confini dell’Ucraina, nel gennaio 2022 gli Stati Uniti hanno approvato il trasferimento di armi prodotte dagli Stati Uniti in Ucraina da parte alcuni degli stati membri della NATO. Il Regno Unito iniziò anche a fornire armi anticarro NLAW e Javelin. Dopo l’invasione, gli stati membri della NATO, inclusa la Germania, hanno accettato di fornire armi, ma la NATO come organizzazione no. La NATO, con i suoi stati membri, ha rifiutato l’invio di truppe in Ucraina per evitare il rischio di una guerra su larga scala, una decisione che alcuni esperti hanno etichettato come una politica di appeasement.
CONSEGUENZE DELL’INVASIONE
Sfollati
Le operazioni militari all’interno dell’Ucraina hanno prodotto un numero notevole di sfollati, ammassati per lo più nelle regioni dell’ovest. Secondo un rapporto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni del 17 aprile 2022, è sfollata una persona su sei, 7,7 milioni di persone, 17% del totale della popolazione ucraina.
Rifugiati
Secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, dal 24 febbraio al 15 marzo oltre 3 milioni di ucraini hanno lasciato il proprio Paese. La maggior parte (1,86 milioni) ha raggiunto la Polonia, mentre gli altri sono transitati in Romania (468 000), Moldavia (344 000), Ungheria (273 000), Slovacchia (221 000) e altri Paesi, inclusa la Russia (156 000). Per poter gestire velocemente l’imponente afflusso di rifugiati e garantirne la protezione, il 3 marzo 2022 i ministri dell’UE hanno approvato all’unanimità la proposta del commissario europeo per gli affari interni Ylva Johansson di applicare la direttiva di protezione temporanea dei rifugiati, in vigore dal 2001 ma mai attivata. Molti Paesi dell’area Schengen, tra i quali Polonia, Germania e Svizzera, hanno annunciato che non avrebbero richiesto più il passaporto per gli ucraini provenienti dalla zona di guerra.
In risposta all’elevata necessità di alloggi per i rifugiati, l’organizzazione internazionale Global Citizen, così come altre organizzazioni e iniziative (tra cui Airbnb, UkraineTakeShelter.com, Host A Sister, Accommodation, Help & Shelter for Ukraine, Ukraine Now, Welcome.US, Homes for Ukraine, Refugees at Home) hanno messo in atto delle attività di informazione e facilitazione affinché chi abbia a disposizione un alloggio libero possa ospitare i rifugiati in fuga dall’Ucraina.
UN ANNO DOPO
Da allora sono trascorsi 12 mesi di morte, distruzioni, atrocità ed escalation; e di quella guerra – ribattezzata in principio “operazione militare speciale” nella neolingua orwelliana del Cremlino – non si vede la fine. Se non nella prospettiva (o nelle velleità) di una qualche resa incondizionata del fronte nemico che nessuno, a rigor di logica fattuale e auspici a parte, riesce a spiegare come sia possibile pensare di ottenere evitando di dover giocare prima o poi a dadi con lo spettro di un’apocalisse nucleare.
LA MOLDAVIA E IL ‘CASO TRANSNISTRIA’
Nelle ultime ore, dalla Russia è sventolata l’ipotesi di un “provocazione armata contro la Transnistria da parte di Kiev“. Ad affermarlo il ministero della Difesa russo su Telegram, citato da Ria Novosti.
“Secondo le informazioni disponibili, nel prossimo futuro il regime di Kiev sta preparando una provocazione armata contro la Repubblica Moldava transnistriana che sarà condotta dalle Forze Armate ucraine, anche con il coinvolgimento della formazione Azov”, ha dichiarato il ministero.
La Transnistria, ufficialmente Repubblica Moldava di Pridniestrov o Pridnestrovie è uno Stato indipendente de facto, non riconosciuto dai Paesi membri dell’ONU, essendo considerato de iure parte della Moldavia: è governato da un’amministrazione con sede nella città di Tiraspol, ove ha anche sede la Sheriff, la maggior società del paese.