Omicidio Vassallo, Antimafia: “Sindaco esemplare”
“Angelo Vassallo è stato un sindaco ed un amministratore esemplare poiché ha dedicato tutta la sua attività di primo cittadino allo sviluppo del proprio territorio in armonia con la natura che lo circondava”. Lo scrive il XII Comitato della Commissione parlamentare antimafia che si è occupato dell’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, nel settembre 2010.
E parla di ‘omertà’. “Ad oggi le persone del posto – si legge nella relazione, desecretata in queste ore – non hanno fornito molti elementi utili agli inquirenti. Risulta, infatti, poco credibile che, in piena estate e in un centro turistico con grande afflusso di persone, nessuno si sia trovato a passare sul luogo del delitto o abbia comunque notato anche un solo particolare significativo per le indagini.
Dalle 21,15 del 5 settembre 2010 fino alla scoperta del corpo del sindaco nessuno sembra avere visto nulla.
Ancora oggi, sembra non sapersi chi abbia avvisato Claudio Vassallo, il fratello della vittima, di quanto accaduto. Tuttora non è dato comprendere le ragioni per cui, in una nota intervista, l’ex Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Franco Roberti ebbe ad escludere la natura camorristica dell’omicidio”.
“L’omicidio di Angelo Vassallo – ragionano i commissari Antimafia della passata legislatura nella relazione – resta una vicenda torbida, per molti versi sconcertante. Una vicenda in cui si sono scontrate la voglia di riscatto di una terra e la volontà di chi intendeva mantenerla oppressa e legata a logiche criminali; la volontà di un uomo che volle dimostrare che lo Stato e le istituzioni non erano entità lontane o nemiche e chi sembra avere privilegiato logiche criminali e interessi connessi a loschi affari. Soprattutto questa è la storia di una famiglia, e di una parte di una comunità civile, che non si è mai rassegnata a ché la vicenda del proprio congiunto venisse dimenticata”.
Fondazione Vassallo: “Angelo è stato ucciso perché contrastava la criminalità organizzata”
“C’è una responsabilità malavitosa, delinquenziale, camorristica e una responsabilità politica e questo è documentata dal fatto che sia in vita che dopo la morte prima hanno ostacolato Angelo e poi hanno ostacolato il percorso della Fondazione, che non era un percorso strano, bensì volto a cercare la verità su chi avesse ucciso il sindaco, dunque su chi avesse ucciso lo Stato. La relazione redatta dalla Commissione Antimafia è molto chiara perché afferma quello che noi denunciamo da anni: “Angelo Vassallo aveva scoperto e contrastato il traffico di droga nel porto di Acciaroli, che “era utilizzato come approdo della droga da smerciare nel territorio del Cilento e oltre”.
Inoltre “Solo grazie ad una parte delle istituzioni che ha continuato ad indagare, anche laddove sembrava insperabile, si può arrivare alla scoperta della verità. E, determinante, è stata l’incessante opera di una parte della famiglia che cerca in tutti i modi di mantenere desta l’attenzione sull’opera, sulla storia personale e sulla morte di Angelo Vassallo. A dirlo sono Dario Vassallo e Massimo Vassallo fratelli di Angelo Vassallo, rispettivamente Presidente e Vicepresidente della Fondazione intitolata al Sindaco Pescatore, nel commentare la chiusura dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie, in particolare relativamente all’omicidio del sindaco Angelo Vassallo avvenuto a Pollica il 5 settembre del 2010. Inchiesta non completata a causa dello scioglimento della Legislatura.
“Insieme a migliaia di persone che hanno aderito alla Fondazione Angelo Vassallo, abbiamo sempre cercato la verità, ma quella vera, perché sappiamo bene come vanno le cose in questo Paese e in questi 12 anni siamo stati sempre vigili e attenti su quello che accadeva, perché, come sempre abbiamo detto, per cercare la verità sull’uccisione di Angelo, bisogna uscire dal Cilento e andare oltre. Noi l’abbiamo fatto, mentre altri dicevano: ma chi te lo fa fare, è successo. Questi stolti non hanno mai capito il significato dell’uccisione di Angelo.
E concludono la domanda da porsi è: l’altra parte cosa faceva? Ormai è chiaro a tutti che alcuni uomini delle istituzioni quella notte e i giorni a seguire hanno messo in atto un’azione di depistaggio. Il reato di depistaggio è regolato dall’articolo 375 del Codice Penale e prevede dai 3 agli 8 anni di reclusione. Speriamo che non si arrivi al ridicolo e, si parli di prescrizione di questo reato, perché se è stato commesso da uomini dello Stato, è infamante”-concludono.