Sospeso Sai Caserta, migranti: “noi in lotta per sopravvivere”

“Ci avevano detto che avremmo dovuto essere integrati nella comunità, ed invece siamo abbandonati; da mesi non riceviamo pocket money e vitto, per cui dobbiamo arrangiarci per mangiare e sopravvivere, fare collette tra noi e dividerci quello che abbiamo. Ogni tanto mi danno qualcosa quelli della squadra di calcio dove gioco, ma capita anche che nessuno mi dia nulla. E qualche altro amico è costretto a fare il lavapiatti o lavoretti vari per sopravvivere, ovviamente in nero”. A parlare è uno dei 105 migranti del Sai (Sistema di accoglienza e inclusione) di Caserta, sospeso dal Ministero dell’Interno per le criticità emerse nella gestione da parte del Raggruppamento Temporaneo di Imprese (Rti) composto dalle coop Innotec, Esculapio e Format; criticità che, come verificato dal report di novembre scorso del ministero dell’Interno, riguardano tutti gli appartamenti del Sai.

Ora i 105 migranti dovrebbero essere trasferiti in altre province anche se nessuno ha per il momento ricevuto comunicazioni dal Comune e non se ne conoscono i dettagli. Il giovane ospite non vuole dire il suo nome, ma ha appena 20 anni e alle spalle un viaggio dal suo paese, il Ciad, passando per Libia e Tunisia e la traversata su un barcone fino alla Sicilia, quindi il centro di accoglienza di Bari e poi il Sai di Caserta, dove da oltre un anno divide un appartamento con 13 immigrati.

Frequenta il quarto superiore come aspirante geometra e vorrebbe lavorare nel settore edile; come i coetanei italiani ha dei sogni, ma ci crede “sempre di meno” perché non si sente integrato. “Quando siamo arrivati in questo appartamento, nell’aprile 2022, non c’erano lenzuola e coperte, niente detersivo per lavare i piatti, niente riscaldamenti, che sono stati aggiustati solo da qualche giorno. Nessuno viene a pulire o ritirare la spazzatura, e spesso siamo invasi dagli insetti.

Gli operatori passano ma nessuno sembra voglia prendersi responsabilità, o iniziativa per farci fare qualche attività o farci stare meglio”.

(ANSA).

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Redazione

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