Migranti, bengalesi trasferiti tornano a Caserta
Trasferiti in campagne isolate, spesso lontane dai centri abitati, sono ritornati a Caserta una parte dei migranti – si tratta soprattutto di bengalesi – che facevano parte fino a due mesi fa del Sai, il Sistema di accoglienza e inclusione sospeso a metà febbraio a Caserta per sei mesi dal ministero dell’Interno in seguito alle criticità emerse nella gestione.
Dopo la sospensione, per i circa settanta ospiti del Sai erano intervenuti su disposizione del Ministero dell’Interno i provvedimenti di trasferimento in Sai di altre province dove era stata trovata la disponibilità; era così accaduto che circa 40 tra pachistani e bengalesi erano stati trasferiiti in blocco nel Bolognese e anche in Puglia, a Mesagne (Brindisi), mentre i circa trenta accolti di origine africana erano stati trasferiti singolarmente o in gruppi di pochi elementi in piccoli comuni soprattutto del Sud, circostanza che aveva spinto questi ultimi a rifiutare il trasferimento, visto come una sorta di punizione e discriminazione, anche perché a Caserta frequentavano scuole, corsi di formazione e lavoravano, erano dunque inseriti in un percorso di integrazione che si è improvvisamente interrotto e che sarebbe stato difficile riprendere in piccoli comuni.
Così da un lato gli accolti di origine africana hanno continuato a stare a Caserta nella case delle coop, che comunque devono lasciare, mentre bengalesi e pachistani sono partiti, ma in molti, proprio in questi giorni, sono ritornati a Caserta.
“Ci hanno trasferiti a Mesagne in una zona di campagna – dice un bengalese – che ci facciamo lì? Preferiamo farci aiutare dai nostri parenti o da amici”. Altra questione aperta, che forse ha convinto gli ex ospiti del Sai a non partire o a tornare, è quella dei soldi dei pocket money non ricevuti da 6-7 mesi, situazione che riguarda tutti gli ex migranti del Sai di Caserta, creditori di somme non alte ma per loro vitali, dagli 800 ai 2200 euro.
(ANSA)