Silvio è morto, il ‘berlusconismo’ diventerà ‘melonismo’?
Quindicimila persone di tutte le età in Piazza Duomo e duemila nella chiesa per l’ultimo saluto a Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia che per 30 anni ha dominato la scena politica italiana.
Proprio per quanto riguarda la politica c’è un prima e un dopo l’arrivo di Berlusconi nel 1994: quella di prima, paludata, distante, che usava un linguaggio per pochi eletti; quella di Berlusconi, a suo modo rivoluzionaria, con la rottura di ogni regola paludata, linguaggio diretto al singolo cittadino grondante ottimismo, anche chiacchiere in libertà, gli incontri spettacolari e di lusso sfrenato, gossip, controllo totale del messaggio da parte del leader e del suo circolo di esperti fidati.
In poco tempo Berlusconi è riuscito a catturare lo spirito del tempo, a collegarsi con quella gran parte del popolo stanca della sfiga quotidiana e che ora grazie a Silvio poteva, come aveva raccontato lui e fatto vedere dalle sue tv, giocarsela e diventare ricco e importante.
Niente valori, al massimo bollati, ma pura esaltazione dell’Io appena appena temperata dall’amore per la famiglia personale.
Nasce così il termine “berlusconismo” che, si legge nei dizionari, è caratterizzato da una valenza fortemente positiva, come sinonimo di “ottimismo imprenditoriale”, ovvero come definizione di uno spirito che non si fa turbare dalle difficoltà, confidando nel riuscire a risolvere i problemi.
Con il passare del tempo, e con l’identificazione sempre più stretta con la personalità di Berlusconi, il significato attribuito al termine ha subito una decisa modificazione nell’ambito del linguaggio giornalistico-politico.
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(Dire)