(VIDEO) La denuncia: “Recupero beni confiscati alla mafia ma lo Stato non mi paga”
‘Nessun pagamento verrà effettuato‘: questa è la risposta che Cristiana Rossi, amministratrice giudiziaria che opera per il recupero di beni sequestrati alla Mafia e restituiti allo Stato, ha ricevuto da parte del Prefetto, dopo avergli chiesto il compenso per una prestazione che le spetta dal 2019.
Cristiana Rossi ha infatti operato come coadiutore per l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), “un’agenzia governativa sottoposta alla vigilanza del ministro dell’Interno– ha spiegato Rossi alla Dire- che si occupa dell’amministrazione e della destinazione dei beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata, patrimoni eterogenei e costituiti da diverse tipologie di beni, comprese le aziende”.
Un lavoro, quindi, estremamente complesso, per cui l’Agenzia nazionale ha bisogno di incaricare professionisti qualificati in grado di interfacciarsi con la realtà variegata del patrimonio confiscato. I professionisti come Cristiana Rossi rappresentano quindi “l’ultima fase della procedura antimafia: siamo il ‘braccio’ e le ‘mani’ dello Stato“.
Eppure, secondo quanto denunciato da Rossi, proprio lo Stato sarebbe insolvente, tanto da averla costretta a promuovere un pignoramento mobiliare per oltre 104mila euro. Ma Cristiana Rossi non sarebbe la sola a trovarsi in questa situazione: “Non conosco il numero esatto, ma molti coadiutori non vengono pagati: dall’azione di pignoramento da me effettuata la settimana scorsa è nato un contatto continuo con tantissimi colleghi in tutta Italia che devono ricevere i loro compensi dall’Agenzia da tanti, tantissimi anni”.
Una situazione, racconta Rossi, che assume tratti paradossali: “Nell’ultima procedura che l’autorità giudiziaria mi ha affidato, è stato inserito un amministratore giudiziario proprio per evitare lo sfruttamento del personale dipendente. Però poi lo Stato sfrutta i coadiutori. Non si può fare la lotta alla criminalità organizzata sfruttando i professionisti“. Le conseguenze di questa situazione potrebbero essere molto gravi, perché, se effettivamente lo Stato non pagasse i coadiutori nella trafila delle confische alla criminalità organizzata, naturalmente nessun professionista del settore sceglierebbe più di accettare incarichi di questo tipo, fondamentali per gli ultimi passaggi della procedura antimafia. In parte, dice Cristiana Rossi, quasto sta già avvenendo: “Di fatto, noi che siamo i più esperti perché svogliamo questa attività da tantissimi anni non accettiamo più. Io immediatamente ho rinunciato a tutti gli incarichi. Iprofessionisti più esperti e qualificati non accettano più di lavorare per lo Stato”.
Per Rossi, quanto sta subendo da parte dello Stato, è a tutti gli effetti una “violenza economica ed è inaccettabile che non venga esercitata l’azione penale per lo sfruttamento dei coadiutori”. Per questa ragione, “spero che intervengano la Corte dei Conti e la procura della Corte dei Conti”, spiega, che nel frattempo procederà con il risarcimento dei danni. Quest’ultima richiesta avrà a oggetto anche le vicende familiari di Cristiana Rossi, che per 14 anni ha portato avanti una battaglia legale per ottenere l’affidamento della figlia, dopo aver denunciato il padre della bambina per violenza domestica.
Un lungo calvario giudiziario, come in tanti altri casi, in cui le mamme dopo aver trovato il coraggio di liberarsi dal carnefice in casa devono misurarsi con servizi sociali e consulenti del giudice che le accusano di essere fusionali o iperprotettive. Anni di battaglie che Cristiana ha affrontato anche con enorme investimento di spese economiche.
Ma c’è anche un altro “abuso” che Cristiana Rossi ha posto all’attenzione: “È legato a situazioni professionali, perché, tra le altre cose, i debiti delle Società che io amministro vengono collegati al mio codice fiscale e nessuno si occupa di questo, come se fossi la debitrice. Ho pubblicato il video della mia area personale dell’Agenzia delle entrate. Sto subendo delle azioni esecutive da parte dell’ispettorato del lavoro da ottobre: ho amministrato un’azienda della Camorra che aveva più di 100 dipendenti e negli ultimi due mesi del 2022 ho ricevuto delle procedure esecutive sul mio patrimonio, sul mio nome e io ovviamente mi devo difendere in Tribunale e ho i procedimenti in piedi”. Insomma, una serie di circostanze che a Rossi sembrano una vera e propria “persecuzione” e per cui sta lavorando da due anni alla modifica della normativa antimafia, che definisce al momento “molto lacunosa”.
“Spero- conclude Rossi- che qualche forza politica riesca a raccogliere questo lavoro con un atteggiamento costruttivo, di condivisione e miglioramento del servizio pubblico e della funzione di recupero sociale importante affidato alla normativa antimafia. E quindi che il cittadino possa sentire veramente un impegno valido e riparatore dei danni che sono stati fatti fino a oggi”.
(Dire)