Emergenza caldo, pronto soccorsi a rischio congestionamento

Il 20 per cento in più di accessi ai pronto soccorsi, una media che va dalle 120 alle 160 presenze al giorno negli ospedali con maggiore bacino di utenza: sono i recenti dati legati all’emergenza caldo.

L’ondata di calore non rappresenta solo un rischio per la salute della collettività, ma mette a dura prova il lavoro quotidiano degli operatori sanitari. La carenza di personale, cronica, non aiuta certo ad affrontare il sovraffollamento delle aree di pronto intervento, ed è per questa ragione che, in un frangente del genere, assume un ruolo chiave, più che mai, la figura dell’infermiere domiciliare.

Nelle prossime ore è previsto il vero picco di caldo nelle nostre città, con l’anticiclone Caronte che porterà temperature record sia nella giornata di oggi che in quella di domani. 

I più esposti sono, naturalmente, più degli altri, i nostri anziani. Ed è a loro che in questo momento dobbiamo pensare, oltre che naturalmente ai malati cronici, la cui fragilità, di fronte a un clima del genere,  rappresenta un rischio evidente.

«I nostri referenti regionali, con cui siamo in stretto contatto, ci comunicano che la situazione dei pronto soccorsi non è ancora critica ma, naturalmente, comincia ad appesantirsi, soprattutto in realtà come quelle della Capitale, dove, oltre agli anziani che affollano gli ospedali, si aggiungono i turisti che, esposti maggiormente al calore, spesso hanno bisogno del pronto intervento, in preda a possibili malori – Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up -. E’ in questo momento, più che mai, che l’organizzazione delle Regioni, e con essa, direttamente quella delle aziende sanitarie, può fare la differenza per la tutela della salute della collettività, grazie all’attivazione della figura degli infermieri domiciliari, previsti dal nostro SSN».

«E ricordiamo quanto, prima di tutto, sia fondamentale la figura degli infermieri nelle aree triage dei pronto soccorsi, più che mai in un momento del genere. La recente istituzione del Codice Calore, attivato lo scorso 17 luglio da parte del Ministero della Salute, è tutta affidata alle loro competenze, alle loro indubbie capacità di individuare, da subito, nel paziente, i sintomi di malori causati dalle alte temperature.  Sensazione di disorientamento, grande stanchezza, incapacità allo sforzo fisico, fino ad arrivare, nei casi più gravi, alla perdita di coscienza. Sono i sintomi di chi si sente male per il caldo e si reca in ospedale o allerta il 118.  Ad essere maggiormente soggetti a complicazioni con le alte temperature non sono solo gli over 65, le persone che soffrono di patologie o sotto terapia farmacologica, ma anche i giovani che soffrono di ansia o attacchi di panico, che con il caldo tendono ad accentuarsi. Gli operatori sanitari, lo sappiamo bene, viste le carenze di personale, rischiano di non poter reggere il surplus di presenze dei pronti soccorsi». 

«Ed è per questo che Regioni come l’Emilia Romagna da tempo si distinguono, in particolar modo le aziende sanitarie di Ferrara e Bologna, per la propria organizzazione legata alla presenza di infermieri domiciliari, ove necessario, ove la situazione lo richiede. Per gli anziani particolarmente fragili, inoltre, l’Azienda Usl di Bologna promuove, insieme alla Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria Metropolitana, il progetto di sostegno e-Care, che prevede periodiche telefonate ai cittadini ed eventuali interventi di assistenza a domicilio. Prima di tutto l’intervento dell’infermiere domiciliare – continua De Palma -, permette palesemente di evitare il congestionamento dei pronto soccorsi. E questo è un dato di fatto. In secondo luogo l’infermiere ADI rappresenta, da tempo, e non solo per le problematiche legate all’emergenza caldo, una figura chiave del nostro sistema sanitario.  L’Infermiere ADI è un professionista della salute indispensabile, capace di intervenire con specifica competenza nelle situazioni più disparate e negli ambiti assistenziali più complessi».

«L’assistenza domiciliare integrata (ADI), denominata successivamente cure domiciliari, è attualmente un punto fondamentale e in crescita esponenziale nell’organizzazione delle aziende sanitarie. L’assistenza domiciliare è, ricordiamolo, un servizio compreso nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) in grado di garantire un’adeguata continuità di risposta sul territorio ai bisogni di salute (anche complessi) delle persone non autosufficienti, anziane o affette da patologie croniche. Il Ministero della Salute, con una recente circolare, vista l’emergenza caldo, ha chiesto alle Regioni di attrezzarsi con l’attivazione degli ambulatori territoriali e con il coinvolgimento delle squadre Uscar. Le USCAR sono le Unità Speciali di Continuità Assistenziale Regionali, nate inizialmente come USCA per fronteggiare la pandemia di Covid-19 e poi estese anche a piccole comunità residenziali e alle carceri per prevenire i focolai infettivi di Sars-CoV2. Istituite nel 2020 con il decreto legge n.14, queste unità speciali, fatte di uomini e donne della sanità e mai del tutto dismesse, possono ora essere riattivate per far fronte all’insidia del grande caldo. Apprezziamo, da parte del Ministero, la presa di coscienza immediata del problema che stiamo vivendo, legato all’innalzamento delle temperature, e la strategia che coinvolge le Regioni. Ma è chiaro che non si può sempre agire all’ultimo momento, quando l’emergenza lo richiede. Il rilancio della sanità territoriale, costruito giorno dopo giorno, deve essere una priorità, a cui tutti noi, nessuno escluso, seppur con i nostri differenti ruoli, dobbiamo mirare e contribuire. E gli infermieri, più che mai, rappresentano le fondamenta di un piano di azione che non può più attendere».

Redazione

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