Caso Bibbiano, Procura ricorre contro l’assoluzione di Claudio Foti
La Procura generale di Bologna ricorre in Cassazione contro l’assoluzione di Claudio Foti, psicoterapeuta imputato nel processo sui presunti affidi illeciti nella Val d’Enza.
Il sostituto pg Massimiliano Rossi e la pm Valentina Salvi, apprende l’ANSA, hanno firmato 70 pagine per smontare la sentenza del 6 giugno della Corte di appello, sui reati di abuso di ufficio, per l’affidamento del servizio di psicoterapia alla onlus di Foti e di lesioni psicologiche a un’adolescente, rilevando contraddittorietà e illogicità della motivazione e travisamento dei fatti per l’omessa valutazione di specifici elementi di prova.
Nell’assolvere Claudio Foti dall’accusa di concorso in abuso di ufficio per l’affidamento senza gara del servizio di psicoterapia della Val d’Enza Reggiana, la Corte di appello di Bologna non avrebbe considerato adeguatamente il contributo al sistema illecito dello psicoterapeuta imputato.
Lo sostiene la Procura generale nel ricorso in Cassazione: secondo i pg i giudici hanno infatti omesso di valutare i numerosi e singoli atti di indagine dai quali “in maniera chiara e inequivocabile” sono stati accertati i rapporti affaristici e di collusione tra Foti e i pubblici ufficiali della Val d’Enza almeno a partire dal 2015 e senza dubbio antecedenti all’apertura del centro ‘La Cura’ di Bibbiano.
Inoltre, affermando che Foti, assolto per non aver commesso il fatto da questa imputazione, sia stato un “mero beneficiario” dell’illecito, la Corte non avrebbe tenuto conto del contributo di Foti attraverso la “triangolazione fittizia” di fatture, con fatture a persone che non avevano nulla a che fare con le prestazioni di psicoterapia.
Per assolverlo poi dall’accusa di lesioni psicologiche a una sua paziente adolescente, la sentenza di appello si è fondata esclusivamente sulla lettura della consulenza tecnica depositata in fase di indagine e ha ignorato l’audizione dello stesso consulente nel processo in abbreviato.
La Corte non ha attribuito inoltre rilevanza alle condotte poste in essere da Foti che, intervenendo sul già precario stato psichico della ragazza, non solo non avrebbe curato i sintomi, ma ne avrebbe definitivamente compromesso la salute mentale, inculcandole l’idea di essere stata vittima di abusi sessuali dal padre e che la madre non l’avrebbe protetta. Condotta protrattasi per tre anni, fino alla fine del 2018. Foti in primo grado era stato condannato a quattro anni. A Reggio Emilia è in corso il processo in rito ordinario per 17 imputati.
(Ansa)