Terremoto Campi Flegrei, diminuire significativamente popolazione
Un piano di evacuazione per lo scenario peggiore, ovvero l’eruzione del Vesuvio, c’è.
A breve potrebbe arrivare un piano di esodo in caso di un evento di bradisismo grave nella zona dei Campi Flegrei per la quale il ministro Musumeci porterà un decreto ad hoc in Cdm.
Il provvedimento è allo studio del governo e prevede un piano in caso di bradisismo grave, con assistenza alla popolazione ed eventuali forme di allontanamento temporaneo per i territori particolarmente colpiti dal fenomeno.
Intanto, ieri, si è riunita la commissione Grandi rischi.
“Abbiamo chiesto alla commissione del Sistema nazionale di Protezione civile di farci conoscere l’analisi della comunità scientifica sulla situazione aggiornata dell’area dal punto di vista sismico e bradisismico”, ha spiegato Musumeci.
Per l’eruzione del Vesuvio, già c’è un piano nazionale che coinvolge in tutto un milione e trecentomila abitanti e include uno schema di gemellaggio per il trasferimento della popolazione dei Comuni in zona rossa verso varie regioni. Previste una zona rossa, con l’evacuazione preventiva della popolazione in caso di ‘allarme’, e una zona gialla per gli allontanamenti temporanei, oltre a quattro diversi livelli di allerta.
La mappa del documento in caso di eruzione comprende un’area che va da Napoli e il litorale partenopeo (da Pozzuoli a San Giovanni a Teduccio) fino ad estendersi man mano lungo l’entroterra dell’hinterland ai territori di Villaricca, Melito o Casavatore. Nella zona rossa, quella più esposta al pericolo di invasione di flussi piroclastici (ovvero valanghe di gas, cenere e frammenti vulcanici) sono ricompresi i Comuni di Napoli e alcune sue municipalità, Pozzuoli, Bacoli e altri, per un’area che in totale comprende cinquecentomila abitanti.
L’allontanamento della popolazione dalla zona rossa inizia con la dichiarazione della fase di ‘allarme’. La zona gialla – dove ricadono 24 quartieri di Napoli, i Comuni di Villaricca, Calvizzano, Marano, Mugnano e altri e dove vivono complessivamente ottocentomila abitanti – è l’area, esterna alla zona rossa, che in caso di eruzione sarebbe esposta alla ricaduta di ceneri vulcaniche. Per quest’area potrebbero essere necessari allontanamenti temporanei.
I quattro livelli di allerta – verde, gallo, arancione e rosso – descrivono invece per i Campi Flegrei lo stato di attività del vulcano e scandiscono il tempo che precede una possibile ripresa dell’attività eruttiva. È prevista una fase di ‘preallarme’, in cui le persone che vogliono allontanarsi possono farlo ma solo autonomamente. Alla dichiarazione di ‘allarme’ invece tutta la popolazione deve abbandonare la zona rossa e può scegliere di farlo in modo autonomo o assistito. Il tempo complessivo stimato per questa operazione è di tre giorni: nelle prime 12 ore saranno utili a permettere alle persone di prepararsi , le successive 48 ore riguardano la partenza della popolazione da tutti i Comuni della zona rossa. Le ultime 12 ore rappresentano infine un margine di sicurezza per la gestione di eventuali criticità.
Lo studio: ‘diminuire significativamente popolazione’
Diminuire significativamente la popolazione residente nella zona rossa (circa 600mila persone), adottare uno schema di evacuazione progressiva che inizia da una piccola area considerata a maggior rischio, evacuare, almeno temporaneamente, gli edifici localizzati entro 1 chilometro e mezzo dall’area di Solfatara-Agnano, vale a dire nella zona in cui si producono i terremoti maggiori, per verificare l’agibilità e la capacità di resistenza degli edifici ad altre scosse rilevanti.
Sono alcune delle proposte al centro del seminario che si terrà venerdì, 6 ottobre, a Napoli (11:30) nel Circolo Savoia, sul tema “Fenomeni bradisismici dei Campi Flegrei e mitigazione del rischio vulcanico”, organizzato dal R.Y.C.C. Savoia in collaborazione con Rotary International-Club Napoli Est e CNR-IRISS.
Dopo i saluti introduttivi dei presidenti organizzatori – Fabrizio Cattaneo della Volta (R.Y.C.C. Savoia), Angelo Coviello (Rotary Club Napoli Est), e di Massimo Clemente (direttore CNR-Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo/IRISS) – parleranno il professor Antonio Coviello, ricercatore/economista del CNR-IRISS e docente universitario ed il professor Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca INGV ed associato CNR-INO. Al centro dell’analisi la situazione circa il pericolo di un’eventuale eruzione e la proposta di un nuovo piano di evacuazione. “Occorre studiare subito un piano di evacuazione specifico per il rischio flegreo che si prefigura molto complesso, rappresentato dal rischio eruzione” dice Antonio Coviello, che coordina un team di esperti tra vulcanologi dell’INGV, geologi dell’ENEA, urbanisti, giuristi ed economisti del CNR-IRISS, gruppo impegnato da anni in un progetto di ricerca scientifico nello studio dei rischi da calamità naturali. “La soluzione razionale a questo problema, vista la scarsa affidabilità dei metodi di previsione delle eruzioni, specialmente in quest’area dove sono già state fatte in passato due evacuazioni (1970 e 1984) tecnicamente classificabili come ‘falsi allarmi’, è sicuramente quella di diminuire significativamente la popolazione residente nella zona rossa (600.000 persone). Ed, inoltre, adottare uno schema di evacuazione progressiva, che inizia da una piccola area considerata a maggior rischio, per poi allargarsi o restringersi a seconda dell’andamento dei fenomeni potenzialmente precursori di eruzioni. Un’evacuazione repentina e non programmata appare irrealizzabile ed economicamente insostenibile, dal momento che costerebbe oltre 30 miliardi di euro, così come abbiamo calcolato” sostiene l’economista.
“Oggi nell’area Flegrea il più grave ed urgente problema è la sismicità, che seguendo il continuo sollevamento del suolo, che a sua volta riflette un progressivo aumento di pressione interna del sistema, sta aumentando, sia in frequenza che in magnitudo massima” gli fa eco il professor De Natale, considerato tra i massimi vulcanologi a livello europeo.
“L’unica soluzione immediata per scongiurare tragedie, anche perché gli edifici sono strutturalmente sempre più provati dalle continue scosse, con magnitudo crescente, è evacuare, almeno temporaneamente, gli edifici localizzati entro 1.0-1.5 km dall’area di Solfatara-Agnano, ossia nella zona in cui si producono i terremoti maggiori, per verificarne l’agibilità e la capacità di resistenza ad altre scosse maggiori” propone il vulcanologo. Le conclusioni dei lavori sono affidate al professor Adriano Giannola, presidente SVIMEZ, che ha firmato la prefazione del volume che sarà presentato dal titolo “I rischi catastrofali. Azioni di mitigazione e gestione del rischio” scritto da Antonio Coviello e Renato Somma, pubblicazione che raccoglie i contributi di una decina di studiosi della materia, edito da CNR-Consiglio Nazionale delle Ricerche nella Collana scientifica Studi e ricerche per l’innovazione, diretta dal professore Massimo Clemente.
(Ansa)