Il COA Napoli Nord in visita al carcere di Santa Maria Capua Vetere

Visita del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli Nord – Aversa alla Casa circondariale “Francesco Uccella” di Santa Maria Capua Vetere (CE).

Una visita quella del Presidente del Consiglio Gianluca Lauro, col Segretario Rosa Cecere e i Consiglieri Maurizio Noviello e Raffaele Costanzo organizzata su impulso del Consiglio dell’Ordine con l’obiettivo di verificare la situazione in cui versano i detenuti e raccogliere le loro istanze, comprendendo le loro esigenze in virtù delle mancanze che riscontrano quotidianamente.

Situazioni certamente ben note, stando alle carte, ma che si mostrano in una prospettiva diversa se analizzate di persona, vivendo quella realtà, guardando i volti, ascoltando le voci, interpretando gli sguardi.

Hanno preso parte alla visita, unitamente ai rappresentanti del Consiglio dell’Ordine, anche il Vice Presidente Nazionale di Movimento Forense, Alessandro Gargiulo; il Garante dei Detenuti Regione Campania, Samuele Ciambriello; i vertici di Nessuno Tocchi Caino, Rita Bernardini, Elisabetta Zamparutti e Sergio D’Elia; la Vice Presidente della Camera Penale di Napoli Nord, Anna Gargiulo, il Presidente della Camera Penale di Santa Maria Capua Vetere, Alberto Martucci, oltre agli Avvocati Vincenzo Improta, Camillo Irace, Marco Spena, Fabio Della Corte e Giovanni Palma.

Ad accogliere tutti, la Direttrice del Carcere, Donatella Rotundo e a guidare l’ispezione la Comandante Linda Di Maio.

Una visita ritenuta ancor più necessaria alla luce dei recenti episodi che hanno riguardato l’istituto penitenziario di Santa Maria CV e, in particolare, il reparto Volturno devastato da una decina di detenuti in rivolta a causa della mancata concessione di un permesso a un detenuto ed il reparto Tamigi di Alta Sicurezza all’interno del quale è deceduto un dializzato cronico.

Episodi quelli di morte e di violenza che si verificano certamente in ogni carcere italiano, ma che hanno reso tristemente noto quello di Santa Maria CV a causa del ripetersi di sommosse importanti e del numero di suicidi non trascurabili (si consideri che gli Istituti Penitenziari con maggior numero di suicidi sono quelli che registrano 4 morti all’anno e a SMCV nel 2023 ve ne sono stati 3).

I problemi riscontrati sono stati quelli (purtroppo) ben noti come il sovraffollamento, le condizioni disagiate e disumane, le carenze igienico-sanitarie e soprattutto di tipo medico-assistenziale. Oltre ad essi, però, sono emerse ulteriori criticità che possono essere constatate solo avendo il contatto diretto con i detenuti e con la realtà carceraria: situazioni di infermità mentale sorte all’interno del carcere e non pregresse; difficoltà relazionali tra diverse tipologie di detenuti dalle quali poi scaturiscono agitazioni (appartenenti a fazioni criminali diverse, malati psichiatrici o tossicodipendenti che necessitano di un trattamento specifico e di cure adeguate che, venendo a mancare, generano inevitabilmente disfunzioni comportamentali che trascendono in atteggiamenti aggressivi con gli altri detenuti); detenuti che si sentono inascoltati; dotazione di personale medico carente che non riesce ad assistere adeguatamente e tempestivamente i detenuti.

Tutte situazioni che finiscono per generare rivolte, morti, suicidi, malattie, malcontento, conducendo così ad episodi estremi che impongono una riflessione collettiva in merito alle prospettive di riforma per superare le criticità che affliggono il sistema carcerario.

Sono questi i motivi che portano a discutere della idoneità delle attuali misure restrittive della libertà personale rispetto all’attuazione della funzione rieducativa della pena.

Nonostante gli sforzi profusi dai vertici ed in particolare dalla Direttrice dott.ssa Rotundo e dalla Comandante Di Maio, nonché dal personale di polizia penitenziaria ed amministrativo in servizio presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, situazioni come quella oggi riscontrata, palesano tutte le difficoltà nel perseguimento dello scopo rieducativo della pena e del reinserimento sociale del detenuto. Con la terribile conseguenza che il reo finisce per considerare la pena come ingiusta, reagendo ad essa ribellandosi, creando disordini e sommosse o commettendo gesti estremi.

La possibilità di svolgere delle attività lavorative, formative o di studio, risulta certamente essenziale in un simile contesto. Ma pochi sono ancora oggi i progetti e le attività tese ad impegnare le giornate dei detenuti e a dare un senso alla loro detenzione nell’ottica di una vera risocializzazione.

Per perseguire tale obiettivo e per rendere maggiormente umano il trattamento carcerario occorrerebbe rendere questi progetti maggiormente accessibili; mettere a disposizione un proporzionato numero di operatori medici, di personale con funzioni di assistenza, di educatori; potenziare l’efficienza della magistratura di sorveglianza, attraverso l’implementazione delle risorse, per dare un più celere riscontro alle istanze dei detenuti; e, soprattutto, adeguare le piante organiche alle esigenze carcerarie attuali, essendo le stesse congegnate su esigenze passate che ormai non rappresentano più un dato reale. Inoltre, al fine di rendere quanto più dignitosa la permanenza dei detenuti all’interno della Casa Circondariale, occorrerebbe procedere ad un ammodernamento di tutte le strutture e ad una manutenzione costante degli impianti ivi esistenti, ordinaria e straordinaria.

La risoluzione di queste sfide richiede un impegno strategico a lungo termine, con investimenti mirati ed una gestione oculata delle risorse. Solo affrontando questi problemi con costanza e determinazione si potranno adeguatamente salvaguardare i diritti umani e i principi costituzionalmente garantiti.

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Redazione

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