‘Puer Oblatus’, il romanzo di Stefano Giacomo Iavazzo

Uno spaccato di vita nella provincia di Terra di Lavoro, a fine ottocento, durante i primi processi dell’Italia unitaria, tra prepotenza e lotte di ribellione, superstizioni e misteri della fede che il povero Ludovico vive sulla propria pelle, cercando di trovare una sua ragione d’essere nella Storia, moralmente contraddittoria e incoerente, e nella Religione cristiana, che è prigioniera ancora di falsi miti e di pratiche antiche.

LA STORIA

Il destino dei “signata mea“, che ha colpito il piccolo Ludovico, affetto da pectus excavatum, porta tata Ninella a trovargli un qualche rimedio per avere in futuro una vita priva di stenti. Il suo avvenire è compromesso da quella deformazione pettorale che gli pregiudica la salute stessa, impedito ad avere una vita normale e di fatiche, destinato a dipendere dagli altri e a chiedere la carità su qualche sagrato.

Al fine di ridurre i suoi affanni, sua madre intravede una soluzione nello studio, che solo gli può garantire un impiego, evitando sforzi che possono essere anche fatali e mortificazioni che si hanno quando la sopravvivenza deriva dal buonumore e dalla bontà della giornata di altri.

Il Puer oblatus, il bambino offerto alla vita monastica fin dalla tenera età, sembra rappresentare una soluzione ideale per le spese di istruzione, che era obbligatoria, dopo i sei anni, fino ai primi tre anni di quella elementare. La strada si faceva impraticabile già per arrivare alla quinta classe delle elementari, ancora di più per quegli altri cinque anni del ginnasio.

Gli Istituti scolastici non erano molto diffusi e bisognava, perciò, dover frequentare quello più vicino che fosse abilitato a rilasciare il titolo di studio conseguito. Come alternativa , per ridurre le spese dei viaggi o la permanenza in un convitto, c’era quella di assumere un precettore che, ad ogni modo, costava tanto da far passare la voglia. Questa soluzione costringe Ludovico, suo malgrado ad offrirsi come puer oblatus al convento dei benedettini di San Pietro ad montes, con la convinzione che lo studio, verso cui era anche molto portato, potesse sopperire a tutti i suoi bisogni naturali e spirituali. In convento, scopre uno stato di disagio e di assoluta incoerenza, fuori di quella vita che senza dubbio avrebbe tra le mura di casa, dove starebbe protetto da sua madre, invece che subire quelle angherie che scopre di gente senza fede e senza morale, che non hanno nulla del sacro e della fede che dovrebbero testimoniare.

Il suo stato di salute precario che lo aveva reso, in qualche modo, protagonista si rivela elemento determinante per ritenersi diverso dagli altri, fino a chiudersi sempre più in sé stesso, divenendo dei fatti che accadono, nella storia e nella redenzione, spettatore e giudice imparziale di propositi violati rispetto alla legge di Dio e degli uomini. La sua passione per lo studio, perciò, non si ferma ai programmi ministeriali finalizzati allo scopo della Licenza Ginnasiale che gli potrà garantire un lavoro senz’altro più adatto alle sue predisposizioni.

Egli va oltre, riflettendo sul suo stato personale che definisce di peccato, alla ricerca del riscatto sociale e della salvezza dell’anima. La questua, come attività di ricerca della verità e coerenza morale, lo porta ad essere critico verso la storia, che non migliora l’uomo, soggetta a ripetersi con la sua avidità di potere, e verso la religione cristiana quando si rende strumento di quello stesso potere.

La conoscenza, quindi, si fa ricerca razionale della verità, attraverso argomentazioni e deduzioni logiche, rapportata sulla concretezza delle esperienze personali e storiche, come sulla testimonianza dei Vangeli, protesa a contrastare il pregiudizio, come errore di fede, e l’incongruenza come tradimento di ideali.

L’AUTORE

Stefano Giacomo Iavazzo è nato nel 1953 ad Aversa (CE), dove ha frequentato il Ginnasio-Liceo “D. Cirillo” conseguendo la Maturità Classica.

Iscrittosi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di Laurea in Sociologia, presso l’Università degli Studi di Napoli, si è laureato in Sociologia, presentando la tesi in Sociologia dell’Arte e Letteratura, relatore A, Abruzzese, sul tema “Cultura dominante e cultura subalterna negli anni della Napoli unitaria”.

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Redazione

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