Annullata la confisca delle ville di Setola

E’ inefficace il sequestro delle due ville del killer del clan dei Casalesi Giuseppe Setola, riconosciuto colpevole di decine di omicidi tra cui la strage dei ghanesi a Castel Volturno (18 settembre 2008).

Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari di Napoli, Gianluigi Visco, cui la documentazione relativa al sequestro dei due immobili situati a Casal di Principe, in cui tuttora vivono la figlia di Setola, Rosaria, e i suoceri del camorrista, è stata inviata ad inizio gennaio dalla Corte di Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dichiaratasi incompetente dopo aver disposto il sequestro delle ville a novembre scorso.

Una questione procedurale che comporta la restituzione dei beni ai familiari del capo dell’ala stragista dei Casalesi, detenuto al 41 bis al carcere di Milano Opera con numerosi ergastoli da scontare.

Le due ville erano state sequestrate meno di due mesi fa dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta, che avevano eseguito il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca emesso dalla Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere; il provvedimento era stato disposto sulla base della sentenza di condanna a 28 anni nei confronti di Setola, divenuta definitiva nel 2021, e relativa al duplice omicidio di Nicola Baldascino e Antonio Pompa.

Era stata la Procura della Repubblica sammaritana a richiedere e ottenere il sequestro dopo complesse indagini patrimoniali coordinate dal Procuratore Aggiunto Antonio D’Amato, che si occupa di criminalità economica.

Per la Procura i due immobili, non accatastati e dunque abusivi (per questo gli atti sui presunti reati edilizi sono stati inviati alla competente Procura di Napoli Nord) sarebbero stati realizzati da Setola con i proventi delle estorsioni. Setola e i suoceri inoltre non avrebbero avuto alcuna capacità reddituale – non avendo il primo mai dichiarato redditi da lavoro e i secondi avendo dichiarato qualcosa dopo essere andati in pensione – per fare un acquisto così oneroso.

Per la Procura inoltre i terreni dove sono stati edificati gli immobili sarebbero stati acquistati nell’anno 1997, ovvero proprio nel periodo cui si riferisce la sentenza definitiva di condanna per il duplice omicidio Baldascino-Pompa sulla cui base l’ufficio inquirente ha realizzato le indagini patrimoniali. Nelle udienza davanti alla Corte d’Assise tenutesi a dicembre e ad inizio gennaio, gli avvocati di Giuseppe Setola e dei familiari (Paolo di Furia e Mario Griffo) hanno però sollevato questione di incompetenza funzionale, facendo notare che la normativa attuale ritiene competente il tribunale che per ultimo ha pronunciato sentenza definitiva di condanna: dunque, la sentenza da prendere in considerazione per radicare la competenza su sequestro e confisca, per i legali, non era quella emessa dalla Corte d’Assise sammaritana sul duplice omicidio, divenuta irrevocabile nel 2021, ma il verdetto del gup di Napoli emesso nel maggio 2022 e divenuto definitivo nel successivo mese di ottobre, relativo ad un fatto diverso dal duplice delitto (omicidio di Luigi Mosvaldo Caterino, per cui Setola ha avuto 30 anni).

I difensori hanno anche eccepito che Setola e i suoceri avevano capacità reddituale, avevano dunque i soldi per acquistare a fine anni ’90 i terreni, che non sarebbero stati quindi comprati con i proventi delle estorsioni, e che inoltre le ville sono state costruire in un secondo momento.

La Corte d’Assise non si è pronunciata sul punto, dichiarandosi incompetente e inviando gli atti al Tribunale di Napoli, che ieri, con il gip Visco in qualità di giudice dell’esecuzione, ha deciso per l’inefficacia del sequestro e l’inammissibilità della richiesta di confisca, sottolineando inoltre come la Procura di Napoli avrebbe potuto comunque richiedere il sequestro al gip dopo l’invio degli atti da parte della Corte d’Assise, avvenuto l’otto gennaio, ma il termine di 20 giorni è trascorso senza alcuna richiesta del pm.

(Ansa)

Redazione

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