Ristoratrice morta, inquirenti al lavoro su secondo telefono

La Procura di Lodi sta cercando di recuperare il contenuto di un secondo telefono di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano che un mese fa si suicidò nelle acque del Lambro dopo essere finita al centro di numerose polemiche sul web per via della risposta sul profilo Facebook della sua pizzeria a un post omofobo e che prendeva di mira disabili di un cliente rimasto anonimo.

Del post e della risposta era stata messa in dubbio l’autenticità e sui social erano comparse accuse a Giovanna Pedretti di aver architettato la vicenda.

La donna era stata trovata annegata nel fiume Lambro il 14 gennaio.

Il recupero del contenuto del telefono che aveva nel giubbotto (un altro è stato già analizzato) servirà agli inquirenti diretti da Maurizio Romanelli a chiarire le motivazioni del gesto della ristoratrice nell’ambito dell’inchiesta, ancora contro ignoti, per istigazione al suicidio.

Caso Pedretti, Biagiarelli: ‘Non mi scuso, non torno in tv’

A distanza di un mese dalla tragedia torna a parlarne uno di coloro che era stato oggetto di attacchi sul web dopo il suicidio, il food blogger e compagno di Selvaggia Lucarelli, Lorenzo Biagarelli, il primo a mettere in dubbio la veridicità del post da cui tutto è nato.

“In molti mi hanno rimproverato scarsa umanità ma io non posso né voglio chiedere scusa, come molti mi hanno caldamente suggerito di fare, per la morte di Giovanna Pedretti che ovviamente mi addolora come essere umano, perché se lo facessi sarei l’ennesimo che utilizza la sua morte per il proprio vantaggio, nel mio caso per riabilitarmi, cospargendomi il capo di cenere e implorando la clemenza della pubblica piazza”, ha detto.

Biagiarelli che torna sui social dopo settimane di silenzio comunica che “purtroppo non ci sono più le condizioni perché io riprenda il mio ruolo a È sempre mezzogiorno, quindi non mi vedrete più in onda”.

La ristoratrice era stata sentita dai carabinieri “quale potenziale vittima dell’intera vicenda” e per accertare un’ipotesi di “propaganda ed istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa”.

Aveva confermato il contenuto della recensione e spiegato di non essere in grado di fornire ulteriori dettagli per poter risalire all’identità del cliente che aveva lasciato quella recensione.

Sui social, però, in quelle ore prendeva piede l’ipotesi che si fosse inventata tutto. I più maligni ipotizzavano che l’avesse fatto solo per farsi pubblicità.

(Ansa)

Redazione

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