Traffico rame e piombo tra Viterbo e Caserta

2 arresti, 27 indagati e 860mila euro sequestrati e 11 mezzi sequestrati.

È il bilancio dell’inchiesta su un traffico di rifiuti di rame e piombo tra il Viterbese e la provincia di Caserta, diretta dalla Procura di Roma – Direzione distrettuale antimafia – ed eseguita dalla Polizia ferroviaria del Compartimento di Roma e dai Carabinieri forestali del Nipaaf del Gruppo carabinieri di Viterbo.

Gli uomini dei Carabinieri Forestali e della Polizia Ferroviaria dei Compartimenti Lazio e Campania hanno eseguito il dispositivo che ha potuto interrompere il traffico di rifiuti metallici – piombo e soprattutto rame – che da tempo era in essere tra la provincia di Viterbo e la provincia di Caserta.

Le attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti avevano origine presso due impianti del viterbese, dove venivano sistematicamente accettati e gestiti ingenti quantitativi di rifiuti speciali ed urbani da cui ricavarne le componenti metalliche di valore commerciale, che venivano abusivamente gestite.

In particolare i rifiuti venivano conferiti da una pluralità di soggetti, in assenza della prescritta iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali ed in assenza della prevista documentazione ambientale; i rifiuti venivano poi gestiti negli impianti viterbesi in difformità a quanto previsto dalle autorizzazioni e dal decreto di riferimento ed omettendo la corretta compilazione dei registri.

Molti rifiuti indesiderati venivano smaltiti illecitamente nel territorio Viterbese tramite abbandono o combustione al suolo.

Il sistema organizzato e gestito da due soggetti campani prevedeva inoltre il carico dei metalli di valore soprattutto rame con specifiche modalità nei autoarticolati individuati per il trasporto in modo da occultarne il contenuto ed in assenza della documentazione ambientale o con la stessa redatta in modo falso.

Successivamente i rifiuti di metallo venduti ad una società del casertano, pur in assenza di adeguate operazioni di recupero e/o trattamento necessarie per la cessazione della qualifica di rifiuto prevista dall’articolo 184 ter del Dlgs 152/2006, venivano ulteriormente destinati e commercializzati presso un altro stabilimento limitrofo.

Redazione

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