(VIDEO) Guerra in Ucraina, a rischio arruolamento anche gli umanitari

Sempre più spesso, energumeni reclutatori salgono tre a tre su tram e minibus o bloccano giovani in strada a caccia di nuove leve per l’esercito.

Ruslan, facciamo finta si chiami così, ha 25 anni e lavora per un’organizzazione che è impegnata nel supporto a persone sfollate e comunità vulnerabili colpite dalla guerra. Lo incontriamo a Odessa, in un appartamento tra palazzi art nouveau, a due passi dalla Cattedrale della Trasfigurazione dove un bombardamento ha fatto venire giù un pezzo di tetto. Gli chiediamo se gli va di accompagnarci a vedere: un invito fuori luogo nell’Ucraina in guerra.

“Scusami: mi farebbe piacere e non ho neanche troppo da fare; è che ho paura mi fermino”.

“Scordati di andare al lavoro sui mezzi pubblici all’ora di punta e poi evita le stazioni” spiega Ruslan: “Meglio tenere la testa bassa e camminare svelti; anzi non farsi proprio vedere in giro”.

Odessa, Dnipro o Kharkiv, non importa quanto il fronte sia lontano: i ragazzi rischiano di finirci lo stesso, privati del telefonino e spinti a forza in camionette militari senza finestre. Una settimana fa, la caduta di Avdiivka ha confermato quello che già si sapeva: per reggere l’offensiva russa e nonostante il supporto tecnologico e militare della Nato, l’Ucraina ha bisogno di più soldati.

Già nel dicembre scorso, l’ormai ex comandante in capo delle Forze armate Valerij Zaluzhnyj aveva sostenuto che era indispensabile arruolare tra le 400mila e le 500mila nuove reclute. Il suo successore, il generale Oleksandr Syrskij, per ora non ha fornito stime: è difficile però che faccia dietrofront.

In parlamento è stata approvata in prima lettura una proposta di legge che abbasserà l’età e inasprirà le regole per la chiamata alle armi. Il testo prevede che l’obbligo scatti a 25 anni e non più a 27, come è oggi. Nella proposta si fissa poi a 36 mesi il periodo di servizio dopo il quale i soldati potranno tornare a casa; soprattutto si inaspriscono le sanzioni nei confronti di obiettori e disertori, cioè chi viola le norme non presentandosi nei centri di reclutamento.

A due anni dall’avvio dell’offensiva russa, il 24 febbraio 2022, domina l’incertezza. “Il mio fidanzato studia ancora all’università ma quando bloccano le porte dei bus per i controlli trattiene il respiro, come i suoi amici” racconta Valentina Chernyavka, che si è appena laureata in Lingue.

Vive a Dnipro, ha imparato a parlare newyorchese grazie a una app di conversazione ed è convinta che il futuro dell’Ucraina sia nell’Unione Europea. In questi giorni però è preoccupata per il suo ragazzo. “Magari adesso non lo portano via, ma non tutti rispettano le regole e magari domani abbassano ancora i limiti di età” dice Valentina: “Invece della chitarra si ritroverebbe in mano un fucile”. I controlli in strada sono motivati dal fatto che in Ucraina i certificati di residenza spesso non sono aggiornati.

Capita di frequente che padri e madri di famiglia rispondano ai militari che i figli non abitano più da loro: una via di fuga che però potrebbe non bastare. In questi giorni i controlli si sono fatti più frequenti anche nelle stazioni ferroviarie. Lo conferma Aleksandr, che da un po’ lavora come tassista: è reclutabile perché non ha ancora compiuto i 60 anni e all’arrivo in treno a Dnipro ci aspetta senza avvicinarsi al piazzale; preferisce restare qualche centinaio di metri più in là, dietro l’angolo, in una strada laterale.

Il momento è delicato anche per le organizzazioni internazionali impegnate nell’assistenza umanitaria. “Non presenteremo la lista con i nomi e i dati dei nostri operatori alle autorità perché c’è il rischio che li vadano a prendere a casa e che finiscano al fronte in 48 ore” dice Evangelos Tsilis, direttore in Ucraina dei programmi di Intersos, una ong italiana che dal marzo 2022 è impegnata per la protezione di persone sfollate e comunità vulnerabili anche nei distretti delle regioni di Kharkiv e di Kherson più vicini al fronte.

“Sulla carta sono previste esenzioni all’arruolamento per i dipendenti di organizzazioni finanziate dalle Nazioni Unite ma poi ci sono tutta una serie di restrizioni in arrivo: dalla messa in regola dei documenti di leva alla data di assunzione, alla durata e alla tipologia del contratto”.

Delle nuove regole non sono venuti a capo neanche i responsabili di Ocha, l’Ufficio dell’Onu che coordina l’assistenza umanitaria e dunque le attività delle ong. “Bisogna evitare che finiscano al fronte gli operatori che hanno il compito di fornire aiuto ai civili vittime della guerra” sottolinea Tsilis. “E c’è una nota a piè pagina: nel nostro caso, come in quello di altre organizzazioni, un volontario su due è una persona sfollata”.

(Vig/Dire)

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