Ilaria Alpi, 30 anni dopo continua la battaglia per la verità
È domenica 20 marzo 1994, esattamente 30 anni fa, quando Ilaria Alpi viene uccisa a Mogadiscio insieme con il suo operatore Miran Hrovatin.
Inviati dal Tg3 per documentare la guerra civile somala, vengono freddati nella zona nord della città mentre lavorano a un’inchiesta sui traffici illeciti di armi e rifiuti tossici tra la Somalia e l’Italia.
Dopo una lunga e controversa vicenda, che ha coinvolto commissioni parlamentari, presunti tentativi di depistaggio, incarcerazioni, assoluzioni e richieste d’archiviazione, la battaglia per la verità va avanti.
Mariangela Graimer, portavoce del cartello Noi non archiviam non esita a parlare di “grande depistaggio” e ricorda la vicenda del “capro espiatorio” Hashi Omar Hassan, il cittadino somalo condannato fino in Cassazione per l’omicidio di Alpi e Hrovatin, poi assolto – dopo un successivo ricorso – dopo sedici anni di detenzione e ucciso nel 2022 da una bomba sotto il sedile dell’auto.
Tante le tante iniziative, da Trieste a Napoli a Latina, dedicate al trentennale dell’omicidio Alpi-Hrovatin.
ASSOCIAZIONI IN CAMPO PER SCOPRIRE LA VERITA’
“Siamo in grado di fornire alla procura i pezzi mancanti, se non ci bloccano anche questa volta”, dice. “Oltre a quella di Hashi, sono diversi gli omicidi e le morti dubbie che hanno scandito questa vicenda. Hanno tentato di cancellare tutte le possibili testimonianze: l’autista di Ilaria, il capo della polizia somala per fare qualche esempio. E immediatamente dopo l’agguato sono spariti tutti i documenti e le foto”.
E ancora: “Nella scrivania di Ilaria abbiamo ritrovato dossier sulla tangentopoli della cooperazione, uno dei quali sulla Somalia. Lei aveva individuato alcuni peccati capitali, traffici illeciti di ogni tipo, in cambio di armi per la guerra civile. Lavorava su questo”.
“È un dovere portare sulla spalle la vicenda Alpi-Hrovatin. La Federazione della stampa c’è e ci sarà anche in sede giudiziaria a sostegno dell’impegno per non archiviare”, assicura Di Trapani. Un obiettivo condiviso anche dall’Usigrai, dall’Ordine dei giornalisti e dalla Rai.