Il sakè verso la tutela come patrimonio dell’Unesco

Un convegno all’insegna del sakè e della sua antica cultura, una tappa del cammino che porterà il tradizionale prodotto giapponese a far parte del Patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO.

In attesa degli esiti della candidatura della ‘produzione tradizionale di sakè’ a Patrimonio immateriale, un seminario per approfondire la storia e la cultura della bevanda alcolica simbolo del Giappone, che gode di una crescente popolarità in tutto il mondo.

Anche l’Ambasciata del Giappone in Italia si sta impegnando per la promozione del sakè per far conoscere il fascino di questa raffinata bevanda.

GLI INGREDIENTI DEL SAKÈ

Il sakè è fatto prevalentemente con riso e acqua che interagiscono con Koji-kin (muffa) e kobo (lievito di sakè). Si usa solo riso altamente raffinato, che dona il caratteristico e raffinato sapore. L’acqua è un elemento estremamente importante per la produzione, dato che i minerali che contiene ne condizionano il sapore. Ideale è l’acqua semidura, contenente meno ferro e manganese.

L’acqua limpida è essenziale, per cui tutti i produttori sono impegnati nella tutela dell’ambiente.

In generale il termine sakè nella lingua giapponese indica le bevande alcoliche in generale mentre quella derivante dalla fermentazione del riso viene chiamata specificamente nihonshu. Quasi tutti i sakè contengono circa il 15% di alcol. Durante la fermentazione, il sakè di norma raggiunge una gradazione alcolica prossima al 20%, per poi venire diluito prima dell’imbottigliamento.

sakè

I DIVERSI TIPI DI SAKÈ

Come spiega l’Ente Nazionale del Turismo Giapponese, esistono diversi tipi: si può sorseggiare caldo, freddo o a temperatura ambiente. Ogni specialità ha una temperatura specifica che ne esalta gli aromi ma anche i gusti personali sono molto importanti.

Un set tradizionale da sakè prevede una caraffa di servizio, detta tokkuri, e piccole scodelle, chiamate ochoko. A volte un piccolo bicchiere viene posto in una scatola, chiamata masu. In alcuni luoghi, il sakè viene versato fino a quando non trabocca nel masu, come segno di generosità verso l’ospite.

Esistono molti tipi, classificati in base agli ingredienti, ai metodi di produzione e al grado di lucidatura del riso. La parte più esterna del chicco di riso infatti non è alla fermentazione e viene perciò rimossa durante il processo di brillatura. Oggi ogni chicco viene reso più piccolo.

Koji è il nome dato al riso cotto a vapore e spruzzato (coltivato) con muffa di koji. I suoi enzimi convertono l’amido di riso in zucchero, del quale il kobo (lievito) si alimenta. La massa in fermentazione si chiama moromi. Nel processo di fermentazione, a convertire lo zucchero in alcol è un tipo particolare di lievito, il saccharomyces cerevisiae. Il suo nome latino e il corrispondente termine giapponese kobo significano entrambi ‘lievito madre’.

La denominazione honjozo indica che il riso è brillato sino a conservare il 70% del chicco, rimuovendone il restante 30%. ll ginjo è prodotto con riso brillato al 60% o meno e fermentato lentamente a basse temperature. Il ginjo i cui grani sono lucidati al 50% o meno è chiamato daiginjo.

Il junmai è prodotto senza alcol di fermentazione e utilizzando solo riso, acqua, lievito e malto di riso (koji, coltivato per la produzione alimentare e cosparso sul riso cotto a vapore per secernere enzimi). Il termine junmai è talvolta usato in combinazione con il sakè ginjo e daiginjo.

Tra gli altri tipi di sakè: il namazake e il nigorizake.

Il mirin è invece sake più grezzo, con molto umami, che si usa in cucina. Il termine genshu si riferisce al sakè non diluito, con un contenuto di alcol di circa il 20% e un aroma più intenso. Tra quelli con un contenuto inferiore di alcol il ‘frizzante’, oggi particolarmente di mod. Parente dello spumante, è più piacevole e bevibile, specialmente per i neofiti.

Storicamente, si poteva produrre sakè solo d’inverno, occorrendo temperature basse. Oggi può essere prodotto in qualsiasi momento dell’anno, anche se la maggior parte dei produttori di alto livello predilige i mesi freddi. Durante l’inverno, è disponibile il namazake, il sakè non pastorizzato. Nel resto dell’anno, il sakè disponibile in commercio è lasciato maturare per lunghi periodi.

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Redazione

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