Tim vince sul canone del 1998: risarcimento da 1 miliardo
1 miliardo di euro a Tim: un canone concessorio preteso dallo Stato 25 anni fa, di poco superiore a 500 milioni di euro, e una lunga storia di ricorsi fino alla sentenza della Corte d’Appello di Roma che dà ragione al gruppo.
Tim vuole avviare subito le procedure per il recupero della somma ma il governo ha già comunicato che si rivolgerà alla Cassazione e chiederà la sospensione degli effetti esecutivi della pronuncia.
In Borsa la reazione è immediata, per una società che deve urgentemente tagliare il suo debito è una notizia che fa volare il titolo del 5,19% a 0,233 euro.
LA VICENDA
Il 1998 era l’anno successivo alla liberalizzazione del settore e la Finanziaria per l’anno successivo stabilì il pagamento del contributo obbligatorio agli operatori di tlc calcolato in base al fatturato, in sostituzione del canone di concessione ormai inapplicabile.
Al gruppo furono chiesti 528,7 milioni di euro: 385,9 milioni relativi a Telecom Italia e 142,8 milioni all’allora Telecom Italia Mobile (Tim).
La società presentò nel 2000 un ricorso, contro il decreto attuativo che dettava le modalità per il versamento del contributo, al Tar del Lazio, che rinviò la decisione alla Corte di Giustizia europea.
Nel febbraio del 2008 da Lussemburgo arrivò una sentenza favorevole al gruppo telefonico, che definì il canone ‘non dovuto’.
Nel frattempo, nel 2003, Telecom aveva fatto richiesta di rimborso sempre al Tar del Lazio, che, con una sentenza del dicembre del 2008, aveva detto no, pur non sconfessando la sentenza europea.
Contro questa sentenza del 2008 Telecom aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato e la risposta, arrivata novembre 2009, è stata ancora una volta negativa.
Da qui l’ultima puntata, quella del ricorso in Corte d’Appello.
“La somma dovuta è pari al canone originario, di poco superiore a 500 milioni di euro, più la rivalutazione e gli interessi maturati per un totale pari a circa 1 miliardo di euro. La sentenza è immediatamente esecutiva e Tim avvierà da subito le procedure per il recupero dell’importo in questione” fa sapere Tim ricordando che sulla vicenda è intervenuta in più occasioni la Corte di Giustizia dell’Unione Europea segnalando il contrasto tra la direttiva sulla liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni e le norme nazionali che avevano prorogato per il 1998 l’obbligo di pagamento del canone a carico dei concessionari di settore.
In particolare, nel 2020 la magistratura europea ha stabilito che il sistema normativo comunitario non consentiva a una normativa nazionale di prorogare per l’esercizio 1998 l’obbligo imposto a un’impresa di telecomunicazioni, precedentemente concessionaria (come Tim), di versare un canone calcolato in funzione del fatturato, ma permetteva soltanto la richiesta di pagamento dei costi amministrativi connessi al rilascio, alla gestione, al controllo e all’attuazione del regime di autorizzazioni generali e di licenze individuali.