‘Troppo povero per pagare alimenti’, assolto ex assessore

Troppo povero per versare gli alimenti alle figlie e alla moglie.

L’ex assessore regionale lombardo Massimo Buscemi (giunta Roberto Formigoni) si è difeso così davanti al giudice del Tribunale di Busto che oggi lo ha assolto con formula ampia: il fatto non costituisce reato.

L’ex politico, che aveva patteggiato 2 anni e 2 mesi per lo scandalo rimborsopoli nel 2021 e che era stato condannato per falso ad un anno e sei mesi nel 2014, non ha mai versato quanto stabilito per il mantenimento dell’ex moglie e delle due figlie.

In tutto 3mila euro al mese – l’assegno di mantenimento – che l’ex assessore dal 2015 al 2021 non ha mai versato.

Il perché lo ha spiegato il difensore Antonio Argento: dopo gli anni della politica Buscemi avrebbe avuto delle entrate molto limitate.

Nonostante i 436mila euro ricevuti da Regione Lombardia quale buona uscita proprio nel 2015 non sarebbe riuscito a versare quanto pattuito per gli alimenti.

Buscemi non è mai comparso in aula durante il procedimento.

Perplesse le parti civili, rappresentate dall’avvocato Tiberio Massironi, che ora attendono le motivazioni del giudice.

La convivenza conta per l’assegno di divorzio

Il periodo di convivenza prematrimoniale avrà un peso nell’assegno di divorzio.

Decisione storica della Corte di Cassazione che per la prima volta stabilisce che nel conteggio del mantenimento debba rientrare anche la vita assieme prima delle nozze.

Con la sentenza 35385, le Sezioni Unite si sono pronunciate stabilendo che per la quantificazione dell’assegno si deve tener conto anche della convivenza quando ha “i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune”.

Soprattutto si devono considerare sacrifici e rinunce lavorative o professionali compiute nel periodo precedente al matrimonio dal coniuge economicamente più debole.

In particolare, i giudici si sono pronunciati sul ricorso di una donna che lamentava il mancato conteggio di sette anni di convivenza prematrimoniale, dal 1996 al 2003, durante il quale era nato anche il figlio della coppia.

Secondo la Corte d’appello di Bologna, che ha ridotto l’assegno degli alimenti stabilito in primo grado, la donna aveva lasciato il lavoro già tempo prima delle nozze.

Aveva rinunciato a lavorare “per l’agiatezza che proveniva dalla sua famiglia d’origine, non per essersi dedicata interamente alla cura del marito e del figlio”.

Quindi quella scelta non poteva essere presa in considerazione perché “gli obblighi nascono dal matrimonio”.

La Corte ha preso, dunque, in considerazione il periodo di durata legale del matrimonio, dal novembre 2003 al 2010 e non i sette anni precedenti durante i quali la coppia aveva vissuto insieme ed era nato anche il loro figlio.

Di diverso avviso la Cassazione secondo cui “la convivenza prematrimoniale è un fenomeno di costume che è sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca un accresciuto riconoscimento – nei dati statistici e nella percezione delle persone – dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali”.

Perciò questo periodo non può essere escluso quando si protrae nel tempo e abbia “consolidato” una divisione dei ruoli domestici.

Soddisfatto il presidente dell’Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani (Ami), Gian Ettore Gassani che parla di “una rivoluzione nel diritto di famiglia”.

“La convivenza fa parte di un percorso della vita di coppia che non può essere cancellato – aggiunge -. Molte coppie convivono per tanti anni prima di sposarsi. Spesso le scelte più importanti vengono condivise durante questa fase prematrimoniale”.

Per Gassani, “d’ora in poi cambiano completamente i parametri. È una grande rivoluzione di giustizia che, ovviamente, non riguarderà tutte le convivenze ma bisognerà analizzare caso per caso”.

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Redazione

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