Aversa/Cesa. Molestie sessuali sul nipotino: zio a giudizio

Giudizio immediato per un 61enne di Cesa accusato di violenza sessuale nei confronti di un minorenne.

Per lui era stata chiesta la custodia cautelare in carcere ma poi tramutata in divieto di dimora nella provincia di Caserta.

La prossima udienza è fissata per il 18 settembre 2025 nelle aule del Tribunale Napoli Nord ad Aversa.

Gli atti di violenza sessuale si svolgevano in più posti: in una palazzina sita al rione Bagno ad Aversa – dove abitava anche il minorenne – o in quel di Cesa, in una proprietà dell’indagato.

Lo ‘zio’ – in più occasioni come riporta l’accusa – abusava delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto e in particolare, nelle occasioni in cui il minore era a lui affidato in quanto figlio del fratello della moglie.

Prima iniziava a fare allusioni sessuali sulle amiche e le cugine della vittima, esortando il bambino a compiere con loro atti sessuali e praticandogli atti di masturbazione a seguito dei quali il minore raggiungeva anche l’orgasmo.

Atti sessuali che il minore subiva in numerosissime occasioni sin da quando la vittima aveva 7-8 anni.

In un’altra circostanza – come si legge dagl incartamenti -, mentre si trovavano nella camera da letto dell’abitazione dell’indagato, intenti a guardare un film, lo zio gli toccava le parti intime dicendogli “lo so che a te viene duro“, proseguendo nell’azione nonostante la resistenza del minore che si spostava e si rannicchiava in un angolo del letto.

Successivamente l’indagato gli toccava dapprima il sedere e poi si strusciava addosso al minore, senza spogliarsi del tutto ma rimanendo con gli slip, e praticandogli un atto di masturbazione fino al raggiungimento dell’orgasmo da parte della vittima.

Per fare ciò, lo teneva bloccato con il peso del proprio corpo e tenendogli il braccio destro dietro la schiena, nonostante il minore lamentasse anche di sentire dolore al braccio e fastidio perché lo zio continuava a toccarlo anche dopo l’eiaculazione.

LA VICENDA

Tutto parte dalla querela sporta l’anno scorso dall’indagato che lamentava di essere stato falsamente accusato dal minore, di aver abusato sessualmente di lui.

In particolare, il ragazzo aveva dapprima confidato i presunti abusi alla cugina, figlia dell’indagato, mediante un messaggio; poi aveva raccontato tutto alla stessa cugina e ai propri genitori i fatti della ‘camera da letto’.

Nella querela l’indagato lamentava, inoltre, di essere stato vittima di minacce da parte dei genitori del piccolo, tanto da costringerlo ad andare via di casa abbandonando la palazzina – sita in Aversa – in cui vivono entrambe le famiglie coinvolte.

Successivamente – secondo gli atti – anche i genitori del minore sporgevano querela nei confronti dell’indagato narrando la medesima ‘macabra’ vicenda raccontata dal figlio; ovvero che lo zio avrebbe toccato il minore nelle parti intime, bloccandolo fisicamente per tentare di masturbarlo mentre strusciava il proprio organo genitale sui glutei del ragazzo, gli prendeva la mano mettendogliela sul proprio pene in erezione e gli toccava l’ano con un dito, fino a che il ragazzo era riuscito a scappare.

IL RACCONTO ALLA PSICOLOGA

Il piccolo – davanti al pm ed alla presenza della psicologa – ha raccontato con estrema precisione le condotte di violenza e gli atti sessuali subiti ad opera dello zio, dando avvio al racconto con la descrizione dell’ultimo episodio: la ‘camera da letto’.

Il minore – nel suo racconto – sottolinea come lo zio alludeva ad atti sessuali che lui stesso – cioè la vittima – avrebbe dovuto compiere con la cuginetta, al fine di provocare una eccitazione sessuale.

Solo quando lo zio, pago degli atti sessuali ed aveva lasciato la presa, lui è scappato via.

Nel prosieguo della narrazione – come si evince dagli incartamenti procedurali -, il minore chiarisce che non si era trattato di un singolo episodio, ma che la situazione andava avanti ormai da anni, da quando lui aveva l’età di sette o otto anni. Solo nell’ultimo episodio aveva deciso di ribellarsi mentre nelle occasioni precedenti non aveva reagito in alcun modo agli approcci.

Alle domande relative al raggiungimento dell’orgasmo da parte sua durante tali atti, il minore dapprima rispondeva in modo negativo ma emergeva chiaramente che non conoscesse il significato preciso della parola orgasmo.

Con estrema spontaneità, nel momento il cui la consulente del Tribunale Napoli Nord – Aversa gli spiegava, con termini semplici, che consisteva nell’eiaculazione, il ragazzo immediatamente affermava che in tutte le occasioni nelle quali aveva ricevuto questi toccamenti da parte dello zio, aveva sempre raggiunto l’orgasmo, specificando anche che il liquido seminale finiva nelle proprie mani o in quelle dello zio e che a volte aveva anche sporcato un pò le lenzuola del letto dell’indagato.

Il piccolo descriveva, poi, con precisione tutte le vicissitudini successive alla sua decisione di confidare la vicenda prima ad una cuginetta mediante messaggio, poi alla cugina, figlia dell’indagato e infine ai propri genitori.

Messaggi e chat acquisite dai Carabinieri.

Dal racconto fornito dal minore in sede di audizione protetta emerge con chiarezza che lo zio avesse instaurato con il nipotino, con il quale trascorreva tanto tempo insieme, anche in assenza di terze persone, un rapporto malato e morboso, nel quale dare sfogo alle proprie pulsioni sessuali nei confronti del piccolo e nel quale quest’ultimo si è trovato immerso a partire dalla tenera età di sette anni.

Tra i due appare essersi instaurata, alla luce di quanto riferito dalla stessa vittima, una vera e propria relazione malata, fino a che la vittima, raggiunta un’età adeguata per comprendere la gravità delle condotte dello zio, ha deciso di ribellarsi e di raccontare tutto ai propri familiari. Soltanto nell’ultimo episodio – quello della ‘camera da letto’ – il ragazzino, ormai dell’età di 13 anni, aveva deciso di manifestare il proprio dissenso, ma l’indagato aveva continuato imperterrito nel compimento degli atti sessuali, che ormai tra i due erano divenuti una abitudine, ignorando del tutto la reazione del minore.

Nella relazione depositata dalla consulente, esperta in psicologia, a seguito dell’audizione del minore, si legge che il piccolo ha mostrato una “emotività appiattita, poco congrua al contenuto della narrazione ma presumibilmente collegata alla ennesima ripetizione del racconto. Si è commosso, infatti solo quando si toccavano argomenti emotivamente profondi”.

La consulente ha concluso ritenendo che “nel complesso, da un punto di vista cognitivo ed emotivo, non si segnalano criticità nella sua idoneità a testimoniare”.

Redazione

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