Il grande reset di Conte: “Il mio Napoli avrà la faccia incazzata”
“Il mio Napoli avrà una faccia incazzata“. E per coerenza Antonio Conte distilla sorrisi col contagocce. Per ruolo, postura, e timidezza.
E’ l’alba d’un nuovo “tremendismo”, inedito in città. Detta il titolo seduto alla destra del presidente.
Poi, a ripetizione, per più di un’ora, il nuovo allenatore del Napoli riempie il teatro di Palazzo Reale di “fatica”, “sudore”, “fatti”.
Persino il “dolore, ce lo dovremo portare un po’ dentro”. E’ la sua grammatica.
Conte tiene il ritmo della narrazione. Il tema è chiaro a dispetto del contesto “teatrale” (molto più sobrio del prevedibile: sedie trasparenti, un tavolino, lo sfondo degli sponsor. Una quinta essenziale): la rivalsa, la vendetta.
Altri invocano il miracolo del suo Chelsea, lui rilancia con “serietà: una parola che viene sottovalutata”.
In premessa ammette che “di solito prima di ricevere do qualcosa. Qui è successo il contrario”.
E allora prova a ricambiare snocciolando l’indice di un manuale d’autoaiuto. Spalletti li chiamerebbe i suoi comandamenti, ma Conte resta terreno: “Il talento senza l’ossessione di migliorarsi non è niente”; “testa bassa e pedalare”; “io non sono il tipo che vende aria fritta”; “dobbiamo stare zitti, quest’anno”.
E quando lo dice, non guarda De Laurentiis. Non ce n’è bisogno. Ha in mano microfono e timone.
“Arrivo al momento giusto. Non ho paura. Paura di che? Io mi considero un manager. Do la scossa con l’esempio. I leader fanno così. Non sono tornato in Italia per fare la statuina sul presepe“.
Per cui nessuna barricata, non-detto: Conte parla, dice cose. E’ chirurgico, l’agopuntura non funziona. Ha in mente un grande reset. “Ho scelto Napoli per il progetto. Ho firmato un contratto di tre anni. Ho voluto solo una cosa: che avrei deciso io chi sarebbe rimasto e chi poteva prendere altre strade. Sono stato categorico”.
“Se parliamo di ricostruzione e pensiamo di dar via i giocator migliori è un controsenso. Ho trovato una condivisione al 200%. Ho chiamato tutti i giocatori. Ho sentito cosa avevano da dirmi. Ma alla fine la decisione è sempre mia. Il messaggio deve arrivare a tutti: a Napoli non c’è confusione, e c’è chiarezza di idee. Sappiamo cosa fare e lo faremo. Io vorrei che il Napoli in futuro venga visto non come una squadra di passaggio, ma come una meta. I giocatori non sono contenti di restare? E stanno con me, vicino a me. Qualcosa da fare gli troverò. E’ un discorso che non accetterò mai”.
I nodi al pettine: “Di Lorenzo è un top, e una persona molto perbene e molto importante nello spogliatoio. E lo stesso per Kvara. L’anno scorso la frustrazione ha portato a situazioni non limpide. Ho posto un veto assoluto sulla loro cessione. Osimhen? So benissimo che il club aveva già degli accordi. E’ una situazione alla quale io assisto. Non posso entrare oggi in alcun discorso su di lui, ci sono accordi precedenti che io ho accettato”.
De Laurentiis interviene, chiamato in causa: “Per Kvara non ci sono problemi, abbiamo un contratto. Mi siederò con lui e gli farò una proposta di aumento. C’è anche chi contra legem fa offerte ai giocatori senza averci contattati. E il presidente di questa squadra, il Psg, è anche il presidente dell’Eca. Ma non mi meraviglio più di chi è corretto e chi è scorretto”.
Chiusa la parentesi presidenziale, Conte ammette che “dall’estero era arrivata qualche offerta interessante ma c’era un discorso avviato con De Laurentiis”.
E non trattiene una mezza stilettata a Spalletti: “Vogliamo fare qualcosa di importante che duri nel tempo e che non evapori subito. Il presente è che la squadra ha finito a 40 punti dall’Inter. Distacchi abissali, e fuori dalle competizioni europee. Non è che si cambia allenatore e tutto diventa facile. Ma io non ho tanta pazienza, non so fare il comprimario“.
A Napoli se ne sono già accorti. E’ bastata la presentazione.