Anna Adamo racconta la sua lotta con la depressione

Quando si parla delle persone con disabilità lo si fa sempre in riferimento alla forza e al coraggio con cui affrontano la quotidianità.

Ci sono, però, altri aspetti di cui nessuno parla che ci pongono dinanzi una situazione a dir poco abominevole, la quale priva la maggior parte dei disabili della dignità.

Il primo tra tutti è la mancanza di reali opportunità lavorative.

Ad accedere i riflettori sul tema è, attraverso la sua personale esperienza, Anna Adamo, da sempre in prima linea per affermare i diritti dei disabili.

“Su ciò che riguarda la disabilità – dice – sono stati sicuramente fatti passi da gigante,ma ancora molto c’è da fare, soprattutto per ciò che concerne l’inserimento delle persone con disabilità nel mondo del lavoro. Purtroppo i disabili sono ancora oggi visti come dei bambini, si fa fatica a riconoscere loro delle competenze e soprattutto una professionalità, li si tratta come se non avessero potere decisionale e, di conseguenza, non si offrono loro reali opportunità lavorative”.

“Io ne sono l’esempio. Ho una laurea in giurisprudenza e un master in criminologia e scienze forensi, inoltre sono anche giornalista, ho studiato e ancora studio edizione e public speaking, ma questo non basta per aprirmi le porte del mondo lavorativo”.

“Fino ad ora mi hanno semplicemente dato dei contentini però mai nessuno mi ha dato l’opportunità di mettere realmente in atto le mie conoscenze e la mia professionalità, perché non riescono ad andare oltre una condizione fisica che è fine a se stessa e non mi limita nella quotidianità”.

“A causa di tutto questo, pur essendo da sempre una persona molto forte, sono caduta in depressione e sono ormai tre anni che non riesco a vedere la luce”.

“Pur non essendomi ancora ripresa del tutto, ho deciso di parlarne e di raccontare questa parte della mia vita, perché so che sono in tanti ad essere nella mia stessa situazione e credo sia arrivato il momento di far sentire la nostra voce”.

Quella di Anna Adamo è una testimonianza forte, è una voce di chi voce non ha, è un grido d’aiuto che non può restare inascoltato.

“La mia depressione – continua – è iniziata nel momento in cui ho preso consapevolezza del fatto che si faccia davvero fatica a concedere reali opportunità lavorative alle persone con disabilità, perché vedevo che nonostante mi ha impegnassi tantissimo, tutti mi dicevano di essere brava, ma nessuno mi dava quello che meritavo”.

“Nessuno ha mai creduto in me e mi ha mai dato l’opportunità di percorrere la strada giusta che mi facesse arrivare a svolgere il lavoro dei miei sogni. Ormai ho capito di dovervi rinunciare. E non è facile, è  un colpo al cuore più grande di quello che mi è stato dato da piccola quando mi fu detto di dover rinunciare alla danza”.

“Mi sono sentita e mi sento tutt’ora un essere umano senza dignità. Perché, si, è così che ci si sente quando non si ha la possibilità di far vedere cosa si è realmente capace di fare.  É così che ci si sente quando non ti viene dato lavoro solo a causa di una condizione fisica”.

“In momenti come questo è sicuramente fondamentale l’aiuto dei medici, ma nel mio caso, come mi è stato confermato anche da questi ultimi, dal momento che si tratta di una depressione dovuta dovuta alla mancanza di opportunità, al fatto che non mi sono mai sentita apprezzata e parte di nessun contesto e sono sempre stata quella che se c’è o non c’è non fa differenza, anzi, forse meglio che non c’è così ci si libera del problema, è più importante avere accanto persone che mi valorizzino e mi diano reali opportunità”.

“Purtroppo non ho avuto molte persone accanto, anche perché ho avuto difficoltà ad aprirmi con gli altri e a raccontare come realmente stavo e sto. L’unica persona che mi è stato accanto è il mio ex. Dopo esserci lasciati ci siamo rivisti per la prima volta lo scorso anno a Milano, per caso. Abbiamo parlato e chiarito alcune cose che per anni non ci avevano fatto più né vedere né sentire e qualche giorno dopo ho deciso di aprirmi con lui e raccontargli come stavo realmente. Non avrei potuto prendere decisione migliore! Se sto meglio, se non ho messo fine alla mia vita lo devo a lui. Quello che ci lega è inspiegabile, non siamo fidanzati ma riesce a capirmi a prendermi come nessuno mai e non posso che essergli grata”.

“Di grande aiuto,inoltre, mi è stata anche la storia di Giusy Versace, la rilettura del suo libro ‘Con la testa e con il cuore si va ovunque’. Mi sono detta che se ce l’ha fatta lei forse un giorno la luce arriverà anche per me.”

Anna nonostante tutto non smette di aggrapparsi alla vita e  parla per aiutare gli altri, per far sì che mai più nessuno passi quello che sto passando lei.

“Come sto ora? Non lo so! La verità – conclude Anna – è che dipende. Sto bene se ho intorno persone che mi fanno realmente sentire parte di un contesto,che mi danno modo di far vedere cosa sono capace di fare, di dire la mia.  Sto bene se ho intorno a me persone che mi prendono in considerazione per ciò che sono e alla mia disabilità non fanno neanche caso. Sto bene se mi fanno sentire parte del mondo e non un mondo a parte come, invece, avviene da tutta la vita”.

“La depressione mi ha indubbiamente cambiata. Se sono in luogo pubblico, resto in silenzio, in ultima fila. Faccio il possibile per far sì che la gente non mi veda.  Ho paura di essere nuovamente sfruttata e presa in giro.  Evito di dire la mia. Mi comporto come se non esistessi. Ovviamente,ripeto, se però le persone che ho accanto mi spingono a comportarmi diversamente, torno ad essere quella di un tempo. Piano piano cerco di farcela”.

“Ecco perché voglio parlare questa cosa.  Perché voglio far capire alla società come dovrebbe comportarsi e anche come non dovrebbe con le persone con disabilità e soprattutto perché spero che anche a noi persone con disabilità possa venir data la possibilità di lavorare e di riuscire a fare quello che è il lavoro dei nostri sogni”.

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Redazione

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