Crollo Scampia, prima la lite poi cede il ballatoio

Tredici feriti, 7 minorenni: 4 sono gravi. Tre morti. E’ il bilancio della tragedia di Scampia dovuto al crollo di un ballatotio. Aperta un’inchiesta.

Sono circa le 23. In tanti, richiamati dagli schiamazzi, si accalcano sul ballatoio che unisce le due ali del fabbricato.

Almeno una quindicina le persone che insistono sulla struttura che cede sotto il loro peso: si tratta di otto adulti e sette minorenni.

Dal terzo piano cadono – un volo di diversi metri – per Roberto Abbruzzo, 29 anni, e Margherita Della Ragione, 35 anni, morta all’arrivo in ospedale per arresto cardiaco.

Morta quest’oggi anche una 53enne. La donna era la madre di Roberto Abbruzzo, 29enne morto sul colpo e la nonna di quattro delle sette bambine ricoverate all’ospedale pediatrico Santobono.

Altri due figli della 53enne, Giuseppe Abbruzzo e Luisa Abbruzzo, di 34 e 23 anni, sono ricoverati all’Ospedale del Mare.

Sette le bimbe in codice rosso ricoverate all’ospedale Santobono: due di loro – 7 e 4 anni – vengono ricoverate in prognosi riservata a causa delle lesioni multiple al cranio.

In ospedale anche sei adulti dai 23 ai 53 anni.

L’edificio viene fatto evacuare, circa 800 persone. Trecento hanno potuto rientrare nelle loro case; per altri si aprono le porte di amici e parenti ma anche di scuole e palestre.

Dagli sfollati la richiesta di poter accedere a un alloggio vero e non di fortuna, magari sfruttando le case requisite alla camorra. E nel pomeriggio ieri è scattata l’occupazione della vicina università.

Crollo Scampia, Comitato Vele: “serve task force per nuove case”

Il dolore “per la perdita di due giovani innocenti, due figli delle vele, che non meritavano di vedere spezzata così la propria vita e i propri sogni”. Ma anche la rabbia perché a Scampia “non c’è tempo da perdere e il popolo delle Vele non può aspettare”.

Lo scrive, in una nota il Comitato Vele di Scampia, che lancia soprattutto un appello: “Tutte le istruzioni, da quelle locali e quelle europee, tutti i partiti che oggi hanno preso parola su quanto accaduto nella vela celeste, si impegnassero da subito ad organizzare una task force straordinaria, affinché siano costruiti immediatamente gli alloggi sostitutivi per tutti gli abitanti delle tre vele e la Vela Gialla e la Rossa siano finalmente abbattute”.

“Vogliamo inoltre che sia chiaro che gli abitanti della Vela celeste sfollati non hanno occupato l’Università, ma che sono semplicemente entrati in un luogo che appartiene innanzitutto a loro perché quell’edificio, oggi orgoglio della città, è frutto del piano di riqualificazione del quartiere pensato e voluto in questi decenni proprio dagli abitanti delle vele. Entrare all’Università è stata una soluzione obbligata per dare rifugio a centinaia di persone che hanno dovuto fare i conti con una macchina dei soccorsi impreparata e non attrezzata”.

Crollo Scampia, psicologi in campo per aiutare bimbi e famiglie

“Parliamo di bambini e nuclei familiari che vivono già in condizioni sociali, economiche e culturali che rappresentano di per sé un fattore di rischio e che oggi si trovano a dover combattere con un vissuto traumatico e con il lutto. Per questo è necessario intervenire tempestivamente e supportare soprattutto i più piccoli, per fare in modo che quella che inizialmente è una risposta ad un evento traumatico non sfoci in una vera e propria psicopatologia”.

Così il presidente dell’Ordine degli Psicologi della Campania, Armando Cozzuto, che personalmente e a nome di tutto l’ente campano esprime vicinanza a tutte le persone colpite dalla tragedia che si è verificata nel quartiere di Scampia, a Napoli.

“Tra l’altro – spiega – perdere la propria abitazione o la sicurezza di vivere in quelle case, può modificare gli stili di vita e ciò può comportare anche lo svilupparsi di una serie di sintomatologie che rientrano solitamente nei disturbi d’ansia e dell’umore”.

“L’Ordine è in campo, accanto alla Protezione civile, con una funzione di coordinamento. Bisogna fare in modo che le persone e soprattutto i bambini non si chiudano nel silenzio perché questo potrebbe comportare il rischio che ogni bambino attivi una propria lettura di quanto accaduto”.

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Redazione

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