Troppa chemio ad un bimbo: condannato medico
Sei mesi di reclusione e il pagamento di 100 mila euro di provvisionale risarcitoria alle cinque parti civili costituite per una ‘troppa chemio’ ad un bimbo.
E’ la condanna emessa dal Tribunale di Perugia nei confronti di un medico dell’ospedale del capoluogo umbro, accusato di aver somministrato una dose sbagliata di radioterapia, 200 per cento superiore rispetto a quella prescritta, a un bimbo di soli sei anni malato di leucemia.
Una vicenda che risale al 2016 e per la quale – come riportano oggi alcune testate – la sentenza di primo grado del giudice monocratico, è arrivata ieri nei confronti del medico 48enne, accusato di lesioni personali colpose.
Una somministrazione errata dei farmaci che, secondo la Procura, ha provocato al bambino “una patologia cerebrale” dalla quale è scaturita “una grave regressione nelle capacità di cognizione e di ragionamento e un notevole deficit di coordinazione”.
Il bimbo ha ora 13 anni e, come spiegato dall’avvocato della famiglia, nella costituzione di parte civile, “non è in grado di allacciarsi le scarpe da solo”.
In particolare, nel capo d’accusa nei confronti del medico, la Procura parla di “macroscopico errore di determinazione e calcolo della dose di irradiazione precauzionale encefalica”.
Per l’imputato il pubblico ministero, Silvia Nardi, aveva chiesto una condanna a nove mesi.
A sei mesi, invece, era stata condannata nei mesi scorsi, per la stessa vicenda, pena patteggiata, l’allora dirigente medico della struttura complessa di radioterapia, oggi in pensione.
A rendersi conto allora che, dopo la somministrazione della chemio, qualcosa non andava, fu la mamma del bambino.
“Mi dicevano che ero una mamma ansiosa e presuntuosa – ha raccontato al Corriere dell’Umbria -, per due anni nessuno mi ha preso sul serio e invece, purtroppo, era come sospettavo. A mio figlio hanno rubato il futuro”.