81 anni fa l’eccidio nazista dei 14 Carabinieri a Teverola
Il 13 settembre del 1943 i nazisti trucidavano, a Teverola (CE), 14 Carabinieri e due civili per la strenua resistenza da loro adoperata contro il tentativo di occupazione tedesca.
81 anni fa quel brutale eccidio. Per la comunità di Teverola è un giorno di raccoglimento, memoria e devozione nei riguardi di chi ha pagato con la propria vita il prezzo della nostra libertà.
Stamane, alla cerimonia tenutasi nel cimitero comunale di Teverola, erano presenti il Generale di Divisione Canio Giuseppe La Gala, comandante della Legione Carabinieri Campania, alla presenza del Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Edmondo Cirielli, del Sindaco della città di Teverola Gennaro Caserta, del Prefetto di Caserta Giuseppe Castaldo, del Vescovo della diocesi di Aversa, S.E. Rev. Mons. Angelo Spinillo, del Comandante Provinciale Carabinieri di Caserta Colonnello Manuel Scarso, numerose autorità civili e militari e di una scolaresca del locale Istituto Comprensivo Statale “G. Ungaretti”, guidati dalla dirigente Adele Caputo.
In ricordo di questi eroi l‘alto Ufficiale ha deposto, sul monumento a loro dedicato, una corona di alloro dell’Arma dei Carabinieri. Presenti anche i familiari di alcuni militari caduti.
LA STORIA
Era il 12 settembre 1943 quando 14 Carabinieri, dopo aver difeso il Palazzo dei telefoni di Napoli, si barricarono nella caserma Napoli-Porto dove opposero una strenua resistenza fino a doversi arrendere, avendo terminato le munizioni.
Dichiarati prigionieri di guerra furono condotti in Teverola (CE) dove, la mattina del 13 settembre, furono trucidati con colpi di mitragliatrice.
LE VITTIME
Questi i nomi dei 14 carabinieri: Egidio Lombardi (36 anni, brigadiere), Emilio Ammaturo (41, appuntato), Ciro Alvino (32, carabiniere), Antonio Carbone (21, carabiniere), Domenico Franco (19, carabiniere), Martino Manzo (49, carabiniere), Giuseppe Covino (28, carabiniere), Michele Covino (31, carabiniere), Giuseppe Pagliuca (28, carabiniere), Giuseppe Rocca (23, carabiniere), Nicola Cusatis (30, carabiniere), Domenico Dubini (30, carabiniere), Giovanni Russo (29, carabiniere), Emiddio Scola (40, carabiniere). I due civili: Carmine Ciaramella, operaio, e Francesco Fusco.
L’ESECUZIONE
Fecero mettere da un lato i quattordici carabinieri, il Ciaramella e il Fusco, e trattennero una ventina di civili, scelti fra i più giovani. Tutti gli altri furono messi in libertà.
Alle 15:00 circa i primi sedici vennero fatti spostare di un centinaio di metri, verso l’interno della campagna.
Vennero fatti inginocchiare uno accanto all’altro, di fronte a una mitragliatrice. A breve distanza vennero piazzate altre quattro armi automatiche per impedire qualsiasi tentativo di fuga. Si udì l’ordine di far fuoco.
Per due volte la mitraglia sferrò le sue raffiche sui corpi di quei disgraziati. Nell’aria risuonarono le urla della signora De Maio (moglie del Fusco).
Fuggì atterrita. E mentre fuggiva e piangeva udì altri colpi. Un tedesco aveva infierito sui corpi che ancora davano segni di vita.
IL SACCHEGGIO
Terminata l’esecuzione, i tedeschi ordinarono a uno dei venti civili rimasti nelle vicinanze di perquisire i cadaveri e agli altri di scavare una fossa per seppellirli.
Vennero raccolti orologi, documenti e denaro che, posti in una valigetta, furono consegnati ai tedeschi. Era la valigetta che poco prima stringeva tra le mani l’Appuntato Ammaturo.
Mentre i giovani scavavano, un soldato tedesco trovò nelle tasche di uno dei carabinieri circa 1.200 lire che, a lavoro ultimato, furono ripartite tra coloro che avevano lavorato allo sterro. 80 lire ciascuno. I cadaveri furono calati nella fossa.
Poiché l’esiguo spazio non consentiva di metterli uno accanto all’altro, dieci furono deposti in linea orizzontale e sei di traverso, sopra i primi. Furono ricoperti dal terreno.
Poi dalla polvere sollevata dalle auto dei tedeschi che, compiuto l’eccidio, si allontanarono in tutta fretta.