Simulano estorsione per far arrestare affiliato a clan rivale

Per incastrare un affiliato rivale, ultimo esponente di un clan ormai sgominato, hanno simulato una estorsione in un cantiere videosorvegliato con la compiacenza del capo cantiere e utilizzando come esecutore materiale una sorta di controfigura da sacrificare, assai somigliante all’originale da eliminare, questa volta e per fortuna, con la furbizia e non con le pistole.

A scoprire la singolare storia di camorra verificatasi nel Napoletano, sono stati i Carabinieri e la Polizia di Stato, che hanno indagato coordinati dalla DDA.

A idearla, inoltre, è la moglie di un capoclan che figura, tra l’altro, tra le cinque persone che sono state arrestate.

La richiesta di pizzo è stata effettivamente solo formalizzata alla vittima compiacente la quale, poi, quando è andata a denunciare tutto dai carabinieri in caserma, durante il riconoscimento fotografico ha indicato anche l’affiliato che i rivali volevano eliminare.

In cambio di questo servigio la falsa vittima dell’estorsione avrebbe avuto l’esonero dal pagamento della tangente. L’innocente, venne pure arrestato per questo reato, e poi, quando la storia è stata sviscerata dalle indagini scarcerato.

I reati contestati ai cinque indagati arrestati sono calunnia e corruzione in atti giudiziari, aggravati dalla finalità di aver agito per agevolare l’attività criminosa del clan Rega-Piacente, operativo nella provincia di Napoli, nei territori di Brusciano, Marigliano e Mariglianella, e, soprattutto acerrimo nemico del quasi estinto clan Palermo-Esposito.

Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Castello di Cisterna e dagli agenti della Squadra Mobile di Napoli e del Commissariato di Acerra, hanno permesso di accertare che gli indagati, dietro promessa di una utilità economica (tra cui l’esonero dal pagamento di tangenti nei confronti del clan Rega-Piacente), avrebbero simulato a carico della persona offesa -che veniva arrestata- il suo coinvolgimento in un reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso, fingendo diversi accessi presso un cantiere di Mariglianella per richiedere il pagamento di una tangente ed il ritiro della stessa.

Tanto sarebbe stato realizzato al fine di indebolire il clan Palermo, di cui la persona offesa sarebbe stata uno dei pochi componenti ancora in libertà.

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Redazione

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