Truffe con i crediti d’imposta, sequestro da 31 milioni di euro

Truffavano lo Stato simulando investimenti, anche milionari, per accumulare crediti d’imposta nei loro cassetti fiscali che poi sarebbero diventati moneta contante consentendo anche a terzi di non pagare le tasse: ammonta a ben 31 milioni di euro il sequestro eseguito dalla Guardia di Finanza di Napoli che, coordinata dalla Procura di Napoli Nord – Aversa, ha individuato decine di indagati i quali, sfruttando le agevolazioni previste dalla Legge per le regioni Campania, Puglia Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia, Molise e Abruzzo, hanno dichiarato falsamente di avere acquistato beni strumentali.

LA VICENDA

Nei giorni scorsi, personale del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli ha dato esecuzione a un provvedimento di sequestro d’urgenza, emesso dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, di crediti d’imposta del complessivo importo di 31 milioni di euro.

Trattasi di crediti c.d. “da investimenti nel Mezzogiorno”, introdotti dalla legge n. 208/2015 a favore delle imprese che effettuano l’acquisizione di beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle Regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia, Molise e Abruzzo.

In particolare, le attività di indagine sono state svolte mediante approfondito esame dei dati contenuti nei c.d. cassetti fiscali di alcuni soggetti economici, nei cui confronti si era già proceduto, in data 19 giugno u.s., al sequestro di crediti falsi connessi agli aiuti alla crescita economica, cd. “SuperAce”.

‘INVESTIMENTI NEL MEZZOGIORNO’

Tale ulteriore attività di analisi ha consentito di individuare 50 persone giuridiche, ubicate nelle Regioni del Sud Italia, titolari di crediti per importi cospicui – in alcuni casi milionari – afferenti investimenti nel Mezzogiorno che, in realtà, non sono mai stati eseguiti.

È risultato che diversi soggetti abbiano addirittura simulato l’acquisto da una società londinese di sofisticati software del tipo chainbox – utili alla creazione di blockchain aziendali per la condivisione di dati informatici in rete – inserendo nei moduli di comunicazione da trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati relativi al presunto investimento, talvolta per valori superiori al milione di euro, singolarmente considerati.

Tale circostanza è stata subito rilevata nel corso dell’attività di indagine, grazie alla quale, attraverso l’analisi dei dati relativi alla società estera, si è pervenuti all’individuazione del relativo amministratore. Questi è risultato essere un soggetto di origine campana, irreperibile, peraltro destinatario di numerosi provvedimenti giudiziari.

La portata della frode è apparsa ancora più significativa quando le indagini hanno permesso di scoprire che alcune società avevano perfino fatto ricorso ad operazioni straordinarie, come le cessioni di ramo d’azienda, pur di aggirare l’incedibilità a terzi del credito e di pervenire al conseguimento dell’illecito profitto.

La disamina di alcuni atti notarili, la cui lettura ha evidenziato il puntuale trasferimento del credito quale parte integrante del ramo d’azienda ceduto, ha consentito poi di accertare che le cessioni venivano eseguite per importi nettamente inferiori già al solo valore nominale del credito, aspetto indicativo della relativa provenienza illecita.

Al termine delle investigazioni, sono stati iscritti al registro degli indagati, a vario titolo, 44 persone fisiche (residenti in Campania, Lombardia, Sardegna, Calabria e Sicilia), per i delitti di truffa ai danni dello Stato e di reimpiego di proventi illeciti.

Questa Procura della Repubblica ha disposto, altresì, il sequestro d’urgenza delle risorse creditizie individuate, al fine di scongiurarne l’utilizzo in compensazione.

La misura cautelare adottata fa seguito ad analoghi provvedimenti, delegati dalla predetta Autorità Giudiziaria al Gruppo Guardia di Finanza di Frattamaggiore, grazie ai quali è stata evitata la circolazione di crediti di imposta fittizi, per un valore complessivo di oltre un miliardo e settecento milioni di euro, il cui utilizzo indebito in compensazione avrebbe comportato un significativo nocumento per le casse dello Stato.

Redazione

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